Morte della piccola Diana, Alessia Pifferi parla in aula: "Non sapevo di essere malata: la mia famiglia me l'ha sempre tenuto nascosto"
Alessia Pifferi ha rilasciato delle dichiarazioni spontanee nel corso dell'odierna udienza del processo a suo carico. La donna è accusata dell'omicidio della figlioletta Diana, morta di fame e sete nella sua casa dopo essere rimasta sola in casa per 6 giorni. La madre l'ha lasciata per tutto quel tempo lasciandole solo un biberon, non sufficiente a nutrirla così a lungo. La piccola è deceduta in seguito ad atroci sofferenze: l'autopsia sul suo corpo ha rilevato che la morte è avvenuta per disidratazione.
Un processo lungo e complesso, passato attraverso numerose controversie e testimonianze esterne. L'ultima delle quali, quella di un'insegnante di sostegno che assisteva Pifferi da bambina. Per l'ex docente, oggi in pensione, gran parte della responsabilità di tutta la vicenda va alla famiglia, che sapeva dei problemi di salute mentale della donna, lasciandola, tuttavia, crescere una bambina da sola, senza aiuto.
Testimonianza che fa gioco ai legali dell'imputata, che ora, e si capisce dalle odierne dichiarazioni di Pifferi in aula, sembra star giocando tutto su una tesi difensiva: la colpa della morte di Diana va divisa tra l'imputata e la sua famiglia.
Morte della piccola Diana, Alessia Pifferi: "Solo mio padre mi voleva bene"
“Secondo me, i miei familiari sapevano delle problematiche che avevo, ma non mi è mai stato detto nulla. Mi è sempre stato tenuto nascosto. Se, crescendo, me ne avessero parlato, non so quale tipo di metodo di cura avrei potuto fare, ma certamente mi sarei curata. E penso che oggi sarei ancora con Diana, e non ci troveremmo in questa situazione drammatica”, ha detto Pifferi oggi in aula.
“Vivevo con pochissimi soldi, mia sorella non la vedevo mai e non mi ha mai aiutato. Non abbiamo mai avuto rapporti sin da quando ero piccola. Mi ha sempre odiata, e non so perché. Ho chiesto aiuto tante volte a mia mamma, ma lei non è mai salita. Ricordo che la invitai al primo compleanno di Diana, alla mia piccolina organizzai una festa che sembrava più un battesimo che un compleanno, ma lei non salì. Papà era l’unico che mi voleva bene, a volte era violento, ma mi voleva bene”.
“In carcere purtroppo la situazione non è delle migliori, perché sono stata anche picchiata dalle detenute e messa in isolamento protettivo. Quando devo uscire dalla cella, per qualsiasi motivo, prima devono chiudere le altre, e poi forse mi fanno uscire. Mi capita di sentire la notte le detenute che urlano dalle finestre: “Mostra”, e “Assassina”, “Devi morire”. A Pasqua mi hanno detto: “Non ti meriti l’uovo, ma le botte. Il buongiorno ce l'ho tutti i giorni, mi urlano: “Buongiorno assassina”".
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