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Alessia Pifferi rischia l'ergastolo. La difesa punta tutto sul suo passato: "Se fosse stata curata, Diana sarebbe viva"

Alessia Pifferi, il pubblico ministero chiede l'ergastolo per la donna accusata di aver ucciso la figlioletta Diana. La strategia difensiva dell'avvocato Pontenani punta sul passato della donna e le "turbe psichiche" che l'avrebbero accompagnata fino ad oggi

Alessia Pifferi rischia l'ergastolo. Non una grande novità: che la donna, accusata della morte della figlia Diana, andasse incontro a una condanna simile, se lo aspettava un po' tutta Italia. L'accusa non ha mai fatto mistero della volontà di ottenere il carcere a vita per l'imputata, responsabile per la terribile fine della sua bambina. Un caso orribile: la bimba è morta di fame e di sete, in attesa che sua madre tornasse a casa. Pifferi è stata via sei giorni, senza preoccuparsi di tornare dalla figlia, a cui aveva lasciato solo un biberon. Un nutrimento insufficiente, com'è ovvio, per quasi una settimana. Al suo rientro, Diana era ormai morta, stroncata dalla disidratazione che l'ha, infine, uccisa, tra indicibili dolori.

L'Italia è arrabbiata e chiede il massimo della pena per questa donna, descritta come un mostro, come un essere disumano. Ma è interessante quanto sostenuto oggi dall'avvocato che la difende, Alessia Pontenani. E cioè che in questo caso, come in tutti, tocca allungare lo sguardo oltre il reato, e comprendere perché si è arrivati a tanto. Perché Alessia Pifferi ha lasciato da sola la figlia in casa? Credeva davvero che un biberon bastasse per sfamarla sei lunghi giorni? Pontenani parla di "turbe psichiche" di cui Pifferi sarebbe sempre stata affetta. Problemi mentali, in buona sostanza, che l'hanno sempre spinta a comportarsi in maniera infantile, inconsapevole, stralunata. " Se avesse avuto un’infanzia diversa, non saremmo qui", ha detto il suo avvocato poco fa, in diretta a Storie Italiane.

Non ci sogneremmo mai, ovviamente, di prendere le parti né dell'accusa né tantomeno della difesa. Tuttavia è necessario ricordare a tutti, trasmissioni tv comprese che si stanno occupando del caso, un concetto importante. E cioè che la pena carceraria non equivale a una vendetta per il reato commesso, bensì è destinata al recupero del detenuto. Il carcere, almeno nel nostro paese, è finalizzato a rieducare la persona che ha sbagliato. Rieducare, persino una mamma che ha condannato la figlioletta a una morte atroce.

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Alessia Pontenani risponde alle domande di Eleonora Daniele a Storie Italiane

Alessia Pifferi a rischio ergastolo. L'avvocato: "Voleva bene a Diana: ripete che non voleva ucciderla"

"Lei ha detto che non voleva uccidere la figlia, lo continua a dire sia a me che alla psicologa che ha visto prima dell’ultima udienza. Fa la distinzione tra azione diretta e il fatto di averla lasciata sola, per cui dice di averla lasciata, ma che non pensava che le sarebbe successo qualcosa. Non bisogna scandalizzarsi per le sue dichiarazioni, che possono sembrare forti, ma lei ne è veramente convinta. E non perché non ha preso consapevolezza della morte della figlia, ma perché, in cuor suo, le voleva molto bene": questo quanto affermato dall'avvocato di Pifferi, Alessia Pontenani, a Storie Italiane.

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