Alessia Pifferi, parla il suo avvocato difensore: "La mia imputata parla di blackout: non penso, sinceramente, che volesse uccidere Diana".
Sono giorni decisivi, questi, per il caso della morte della piccola Diana, morta a 18 mesi nella casa di Milano in cui viveva con la madre, Alessia Pifferi. La bimba è deceduta dopo essere stata lasciata sola in casa per 6 giorni, nell'estate rovente di due anni fa. La salma della piccola è stata ritrovata senza vita: l'autopsia sul corpicino ha confermato che il decesso è sopraggiunto a causa di una forte disidratazione. Una fine orribile. Il caso ha sconvolto l'opinione pubblica italiana, e ancora oggi, a distanza di oltre due anni, continua a destare clamore.
La madre di Diana si trova rinchiusa nel carcere di San Vittore, in attesa di sentenza.
Pifferi è stata sottoposta, di recente, a una nuova perizia psichiatrica, secondo cui l'imputata, contrariamente a quanto affermato in un primo esame, non presenta alcun problema cognitivo. Cadrebbe, così, un importante attenuante ai fini del processo, che potrebbe pesare davvero molto sull'esito finale. Pifferi, allo stato attuale delle cose, rischia l'ergastolo.
A Ore 14, talk show di approfondimento giornalistico condotto da Milo Infante, è andato in onda poco fa un approfondimento sulla vicenda giudiziaria legata al caso in questione. Ospite della trasmissione, in collegamento con lo studio, l'avvocato di Alessia Pifferi, Alessia Pontenani.
Alessia Pifferi, l'avvocato Pontenani: "Non credo volesse uccidere la bambina. Lei parla di blackout"
Infante, rivolgendosi all'avvocato Pontenani, chiede: “Perché lei oggi dice che Alessia avrebbe detto di non voler uccidere la figlia? Quali sono gli elementi che le fanno ritenere ancora oggi questo?”. “Perché Alessia continua a dire che non voleva uccidere la bambina, che non l’ha fatto volontariamente. In un momento di blackout, non pensava che morisse, pur lasciandola. “Non volevo ucciderla”, dice. Io, sinceramente, non penso volesse uccidere Diana", afferma l'avvocato Pontenani.
Il conduttore di Ore 14 attacca, quindi, ad analizzare alcune chat attenzionate dagli inquirenti, in cui si vede come, nei giorni precedenti la morte della piccola, quando, cioè, la bimba era sola in casa senza cibo né acqua, la madre parlava di lei con conoscenti su WhatsApp. Per tre giorni consecutivi, la donna nomina la figlia mentre chatta con i suoi amici. “Come fa a dire di avere avuto un blackout, se parla sempre della figlia”, chiede Infante. “Non lo so, non posso trovare delle soluzioni, né posso inventarle. Il controesame servirà proprio per quello”, risponde il legale di Pifferi.
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