Cosa significa odiare la sabbia sulla pelle al mare, secondo la psicologia

Odiare il contatto con la sabbia: cosa rivela davvero la psicologia?

Alcune persone, al mare, vivono un disagio immediato appena toccano la sabbia. C’è chi non sopporta averla tra le dita, chi prova fastidio solo a guardarla, e chi fa di tutto per evitarla, indossando scarpe anche in spiaggia. Questa reazione non è così rara come potrebbe sembrare. Ma cosa significa davvero dal punto di vista psicologico? È solo una questione di gusti o può indicare qualcosa di più profondo?

Cosa significa non volere la sabbia sulla pelle al mare: la risposta della psicologia

Spesso il rifiuto della sabbia è collegato alla sensibilità sensoriale. La sabbia è ruvida, instabile, si incolla alla pelle bagnata e può dare una sensazione sgradevole, soprattutto per chi ha una soglia tattile più bassa. Nei bambini questa reazione è particolarmente frequente: toccare la sabbia può risultare irritante, addirittura insopportabile. La psicologia infantile non considera patologico questo comportamento, anzi. Secondo la Dott.ssa Catulla Contadin, esperta in psicologia dello sviluppo, il disagio verso la sabbia può essere una normale manifestazione di ipersensibilità sensoriale, spesso transitoria.

Anche negli adulti, questa sensibilità può restare invariata nel tempo. In questi casi, il rifiuto del contatto con la sabbia non è altro che una reazione soggettiva a uno stimolo fisico spiacevole, paragonabile al fastidio per tessuti ruvidi o certi suoni acuti. Il disgusto è un’altra risposta comune. Non si tratta di paura, ma di una forte repulsione che può derivare da esperienze negative passate. Un ricordo sgradevole, una caduta da piccoli o la sensazione di sporco possono lasciare una traccia emotiva profonda, attivando un meccanismo di evitamento. Secondo la psicologia cognitivo-comportamentale, queste associazioni si formano attraverso un apprendimento esperienziale. Il cervello collega lo stimolo (la sabbia) a una sensazione negativa, e da lì in poi lo considera una minaccia da cui proteggersi.

sabbia mani
La sabbia sulle mani

Il ruolo dell’introversione e della sovrastimolazione ambientale

La spiaggia è un ambiente ricco di stimoli: sole, vento, rumore delle onde, presenza di persone, sabbia sotto i piedi. Chi ha una personalità introversa o è soggetto a sovrastimolazione sensoriale può percepire tutto questo come un attacco ai propri sensi. In questi casi, il fastidio per la sabbia è solo la punta dell’iceberg: a infastidire è l’intera esperienza del contesto marino. Questo tipo di reazione non è necessariamente patologica, ma può indicare una necessità di protezione e di maggiore controllo sul proprio spazio fisico. Per chi ama ambienti ordinati, silenziosi e prevedibili, la spiaggia rappresenta l’opposto.

In alcuni casi più complessi, il disagio verso la sabbia si inserisce all’interno di un quadro ansioso più ampio. Ad esempio, chi soffre di talassofobia, la paura irrazionale del mare e delle sue profondità, può vivere ogni aspetto della spiaggia con tensione, compresa la sabbia. Non si tratta però di una fobia della sabbia in sé, quanto piuttosto di una reazione secondaria a una paura più grande: quella dell’acqua, dell’ignoto, della perdita di controllo. Il fastidio tattile può così diventare un segnale d’allarme anticipatorio del contatto con l’ambiente marino, percepito come minaccioso.

Curiosamente, la sabbia è anche al centro di una pratica terapeutica: la Sandplay Therapy, una forma di terapia non verbale in cui il paziente utilizza una cassetta di sabbia e oggetti simbolici per esprimere vissuti interiori. Questa tecnica, ispirata dalle teorie di Jung e approfondita da Ernst Neumann, si basa sull’idea che il contatto con la sabbia favorisca l’emersione dell’inconscio e degli archetipi. In questo contesto, il rifiuto della sabbia potrebbe riflettere un blocco nella libera espressione emotiva o un rifiuto simbolico del contatto con ciò che è più profondo e primitivo.

Odiare il contatto con la sabbia al mare non è necessariamente un segnale di qualcosa che ha a che fare con la psicologia. Può dipendere da una particolare sensibilità tattile, da un’associazione negativa appresa, da una personalità introversa o da dinamiche più profonde. Solo quando il disagio diventa limitante è opportuno intervenire. Capire le proprie reazioni, anche quelle apparentemente banali, è il primo passo per prendersi cura del proprio benessere emotivo. Anche la sabbia, nel suo piccolo, può raccontare molto di noi.