Filippo Turetta, il testo della confessione dell'omicidio di Giulia Cecchettin: "L'ultima coltellata sull'occhio"

Filippo Turetta, la confessione del delitto di Giulia Cecchettin: lo stralcio del testo della prima confessione al carcere di Verona

A distanza di 7 mesi dall’omicidio di Giulia Cecchettin, emerge uno stralcio del primo interrogatorio di Filippo Turetta, l’assassino della studentessa 22enne di Vigonovo. In esclusiva a Quarto Grado, la ricostruzione della sera del delitto in cui Turetta, ex fidanzato di Giulia, ha messo in atto l’omicidio della giovane. Era il 1 dicembre 2023: il killer si trova nel parlatorio del carcere di Verona, e racconta la sua versione al pubblico ministero 12 giorni dopo l’arresto, e 20 dall’uccisione della ragazza.

Filippo Turetta, la confessione: "Non voleva accettare i miei regali"

Per messaggio mi aveva chiesto se l’accompagnavo a fare un giro alla ‘Nave de Vero’ per fare shopping. Abbiamo girato per negozi. Lei ha comprato un paio di scarpe e anche una gonna, mi sembra. Abbiamo pensato di rimanere a cenare lì. Verso le 11 siamo tornati verso casa di Giulia, ma ci siamo fermati in un parcheggio a Vigonovo, per non farci vedere. Era successo altre volte, lei era d'accordo. Volevo darle un regalo: una scimmietta mostriciattolo. Con me avevo uno zainetto che conteneva altri regali. Un'altra scimmietta di peluche, una lampada piccolina, un libretto di illustrazioni per bambini intitolato ‘I mostri si lavano i denti’. Lei si è rifiutata di prenderlo. Abbiamo iniziato a discutere, mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni. Si stava sentendo con un altro ragazzo, Eric.

Il primo colpo sul braccio

Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei, e che mi sarei suicidato. Lei ha risposto decisa che non sarebbe tornata con me. È scesa dalla macchina gridando: “Sei matto, va******lo, lasciami in pace!”. Ero molto arrabbiato. Prima di uscire anch'io, ho preso un coltello dalla tasca posteriore del sedile del guidatore. L’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava: “Aiuto!”, ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei. Gli ho dato un colpo sul braccio. Mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo".

"Allora l'ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva. Ha sbattuto la testa. L'ho caricata sul sedile posteriore. Mentre eravamo in macchina, lei ha iniziato a dirmi: “Cosa stai facendo? Sei pazzo. Lasciami andare”. Era sdraiata sul sedile, poi si è messa seduta. Si toccava la testa. All'inizio pensavo solo a guidare, poi ho iniziato a strattonarla e a tenerla ferma con un braccio. C'eravamo fermati in mezzo alla strada. Ho provato a metterle lo scotch sulla bocca. Non mi ricordo se si è tolto o è caduto da solo perché non l'avevo messo bene. Si dimenava, è scesa e ha iniziato a correre".

"Continuava a chiedere aiuto" 

Anche io sono sceso: avevo due coltelli nella tasca in auto dietro al sedile del guidatore. Uno l'avevo lasciato cadere a Vigonovo. Ho preso l'altro e l’ho rincorsa. Non so se l'ho spinta o è inciampata. Continuava a chiedere aiuto. Le ho dato non so, una decina, 12-13 colpi con il coltello. La volevo colpire alla schiena, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia. Giulia si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo. L'ultima coltellata che gli ho dato era sull'occhio. Giulia era come se non ci fosse più. L'ho caricata sui sedili posteriori e siamo partiti.