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Lombardia, ristoratore a corto di camerieri: "Cosa mi chiedono sempre al colloquio"

Lombardia, ristoratore non trova camerieri: “Non posso soddisfare questa richiesta

Riceviamo e pubblichiamo lo sfogo di un nostro lettore, che di mestiere fa il ristoratore, in grande difficoltà perché a corto di organico. Da mesi, ci racconta nella email che ci ha inviato, non riesce a reperire né personale da sala né cuochi, e si chiede il perché. Ma la motivazione emerge dal suo racconto, e sta un po’ a simboleggiare lo stato della ristorazione in Italia negli ultimi anni, e le nuove e legittime pretese delle nuove generazioni di lavoratori. Riportiamo integralmente il testo del nostro lettore, che si firma solo con il nome di battesimo: Ernesto.

Cara redazione, vi leggo ormai da tempo e ho notato lo spazio che dedicate, sul vostro sito, al mondo del lavoro, con particolare riferimento al tema della carenza di personale. Avete raccolto tantissime testimonianze, sia di datori di lavoro che di aspiranti lavoratori, così ho deciso di unirmi a questo coro di persone che esprimono la propria difficoltà. Mi presento: mi chiamo Ernesto, lavoro nella provincia di Pavia e sono un ristoratore da ben 34 anni”.

Un’attività che ho ereditato dai miei genitori, che quando ero piccolo avevano una piccola osteria al Sud, ma poi, per questioni familiari, ci siamo trasferiti in Lombardia. Loro non hanno mai avuto difficoltà a portare avanti la loro attività, così io, che già respiravo questo mondo (pensate che volevo servire ai tavoli insieme a papà quando ero appena un bambino, mi divertivo), mi sono deciso a portare avanti l’attività di famiglia. E’ stato tutto estremamente naturale: non avrei pensato di fare nient’altro nella mia vita. Con l’aiuto di mia sorella, abbiamo aperto un ristorantino tutto nostro, che nei primi anni anche andava bene, ma che ultimamente gestirlo è diventato un inferno. E vi spiego il perché”.

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Lombardia, ristoratore disperato a corto di camerieri: “Cosa mi dicono al colloquio”

Arrivano al colloquio persone di tutte le età, ma è chiaro che preferisco assumere ragazzi e ragazze. In questo mestiere c'è bisogno di forza fisica, resistenza: è un lavoro duro, di braccia e gambe. A un uomo di 60 anni non posso chiedere certi sforzi, non ce la farebbe e non potrei ovviamente obbligarlo. Il cameriere e il cuoco devono sprizzare energia da tutti i pori, ed è questo quel che dico a quei pochi che arrivano. Devo essere chiaro da subito, e far capire bene loro chi voglio nella mia squadra. Ma la prima cosa che mi chiedono è quanto guadagneranno nell'immediato, e io non posso dargli subito una risposta: se vai bene, ti pago tot, se vai male ti pago un'altra cifra. Scappano tutti via: non c'è più la gavetta, la voglia di mettersi in gioco".

Lo sfogo di Ernesto si 'inceppa' proprio qui: al dipendente va offerta una paga, indipendentemente dalla prestazione. Un concetto tanto chiaro, eppure tanto osteggiato.

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