Incidenti stradali, la nostra intervista all’Associazione Familiari Vittime della Strada (AFVS)
Gli ultimi giorni sono stati tragici in Italia dal punto di vista degli incidenti stradali. In via Casilina, a Roma, un'auto finita fuori strada, forse per l'alta velocità, ha provocato la morte di tutti e tre gli occupanti, cittadini di origini albanesi. Sempre in città, una ragazza è stata investita da un taxi su via Nomentana. E ancora due bambini sono rimasti feriti in un brutto incidente sull’A1, all’altezza di Frosinone. L’elenco è lunghissimo, per quella che è definire strage quotidiana non è riduttivo. Spiccano i dati sul Lazio, e in particolare su Roma, la città che dal punto di vista della sicurezza stradale è maglia nera. Sulla questione abbiamo contattato Silvia Frisina, vicepresidente dell’Associazione Familiari Vittime della Strada (AFVS) - Ets (Ente terzo settore).
“Lazio e Lombardia sono le due regioni in cui lo scorso anno si è registrata una incidentalità stradale e una mortalità più alta che altrove. Quest’anno, purtroppo, il trend si sta riconfermando. Su Roma c’è una situazione che preoccupa, perché dei 38 morti del Lazio, 22 sono avvenuti solo a Roma”, precisa Frisina. E il dato si conferma drammaticamente anche sul numero dei feriti: “Su 54 gravi in Lazio, 35 solo a Roma”.
Qual è la causa più frequente dell’incidente stradale?
Non è mai cambiata: la prima in assoluto è sempre stata la distrazione, spesso associata alla velocità. E poi la mancata precedenza, e il mancato rispetto delle strisce pedonali.
Su quest’ultimo punto i dati da voi raccolti sono agghiaccianti.
Nel 2024 in Italia ad oggi ci sono stati 350 morti, e 280 feriti gravi, secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Incidenti Stradali, interno alla nostra associazione. Sono numeri preoccupanti: il trend non scende. Tra questi, quello di maggior rilievo riguarda i pedoni: da inizio anno ne sono morti già 84. Succede sempre che il luogo in cui i pedoni vengono uccisi sia proprio quello dove dovrebbero essere maggiormente al sicuro, ossia le strisce pedonali. Dove c’è ancora una grande incidenza di morti.
Incidenti stradali, Associazione Familiari Vittime della Strada: "La sicurezza è una questione culturale"
Nel lessico giornalistico si usano espressioni del tipo “strade killer, “rotonde della morte”.
Sbagliatissimo: è il comportamento umano che provoca l’incidente stradale. La sicurezza stradale è una questione culturale. Il 94% degli incidenti avviene per via del fattore umano: distrazione, abuso di alcol o stupefacenti, utilizzo del cellulare alla guida, colpi di sonno. Sono tutti riconducibili a comportamenti e scelte di chi guida. Se noi interveniamo su quel 94% dei casi, riduciamo l'incidentalità. Ma l’unico modo per farlo è aumentare i controlli di forze dell’ordine, e agire sull’ educazione del guidatore.
A proposito dell’educazione di chi guida, esiste, secondo lei, anche un problema legato alla giustizia? Le pene per chi causa incidenti stradali sono spesso basse.
Siamo abituati a pensare che la conseguenza di chi provoca un incidente stradale sia ‘solo’ il carcere. Noi lavoriamo con tanti autori di reato, con alle spalle omicidi stradali: la loro pena se la portano dietro per sempre, perché hanno ucciso qualcuno. Non è facile vivere con questo peso. Ricordiamo che, nel caso di incidenti, il reato è omicidio colposo: non c’è dolo. Anche se la pena fosse più alta di quello che ci aspettiamo, come i famosi 4 mesi e 4 anni, la persona uccisa non viene riportata in vita. La pena vera è convivere con quel dolore, se si ha un minimo di coscienza. Vivere con la consapevolezza di aver tolto la vita a qualcuno.
"Alzare le pene per chi causa sinistri Non è un deterrente"
Quindi non serve aumentare le pene?
No: bisogna sempre agire sulla cultura. Alzare le pene non è un deterrente. Con l'introduzione dell’omicidio stradale, avremmo dovuto avere un calo di incidenti: così non è stato. Quel che deve fungere da deterrente sono le storie di chi ha provocato un sinistro, far capire a chi guida che se togli una vita, finisci di vivere anche tu. Il reo non deve più stare chiuso in casa o in carcere a raccontare la sua sola verità, ma ascoltare anche quella della vittima. La giustizia riparativa è un passaggio che agisce sull’aspetto umano, di riparazione, appunto, del reato, di rielaborazione del lutto.
Le iniziative AFVS
Sulla sicurezza stradale si può e si deve lavorare. Quali sono le iniziative da voi messe in campo?
L'associazione, da qualche anno, prova a rispondere a questa problematica con un progetto attivo, ad oggi, in nove città italiane (Torino, Arezzo, Chieti, Udine, Pordenone, Bologna, Cagliari, e sta per partire su Milano. In corso di attivazione a Roma e a Trieste). Si chiama ‘Ruote ferme, pedoni salvi’, e prevede l'istituzione della figura dell'assistente pedonale, che presidia gli attraversamenti stradali a rischio, e tutela l’utenza vulnerabile. Oltre ad insegnare il rispetto delle strisce pedonali sia agli automobilisti, che ai pedoni stessi. La sicurezza stradale è un fatto culturale, ma il rispetto delle regole deve essere di tutti: siamo tutti utenti della strada. La cosa particolare dei nostri progetti, è che vi collaborano soggetti sottoposti a misure alternative per reati di violazione del Codice della Strada. Quindi persone che hanno avuto incidenti di lieve entità, e quindi parliamo di reati minori, come, ad esempio, guida in stato di ebbrezza. Costoro possono convertire la pena, o chiedere la sospensione del procedimento penale, in lavori di pubblica utilità.
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