Terremoto a Napoli, la nostra intervista alla dottoressa Francesca Bianco, direttrice del Dipartimento Vulcani dell’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia (INGV)
Nella giornata di ieri, lunedì 11 marzo, la paura del terremoto è tornata tra Napoli e provincia, dopo che alle ore 19.08 si è verificato un evento sismico di magnitudo 3. Tanti i cittadini scesi in strada, allarmati dalla scossa, che è stata localizzata sulle pendici nord occidentali del Vesuvio, in prossimità degli abitati di Massa di Somma e Pollena Trocchia. In molti hanno subito pensato al bradisismo che da mesi crea allarmismo in città. Ma, nel lieve terremoto di ieri, i Campi Flegrei non c'entrano nulla. Abbiamo chiesto alla dottoressa Francesca Bianco, direttrice del Dipartimento Vulcani dell’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia (INGV) di aiutarci a fare chiarezza.
Terremoto a Napoli, Francesca Bianco (INGV): "Eventi sismici fuori dal cratere del Vesuvio? Niente di anomalo"
Campi Flegrei a parte, che cosa è successo ieri a Napoli?
Quello che si è verificato ieri è un evento sismico sicuramente in un’area che non è così densamente afflitta da terremoti, come è il cratere del Vesuvio. E, comunque, avviene in un’area dove ci sono stati anche altri episodi sismici. Ricordiamo che la struttura del Vesuvio è ampia, non esiste solo il cratere: in qualunque punto del vulcano potremmo avere dei terremoti. Che ci sia una maggioranza di terremoti nell’area craterica, in questo momento in cui non c’è una spinta magmatica del profondo, è legato al fatto che il cratere del Vesuvio, dopo l’eruzione del 1944 (80 anni fa proprio in questi giorni), è in raffreddamento.
Raffreddandosi si compatta, e, compattandosi, pesa di più sulla struttura basale del vulcano. Per questo si genera quella microsismicità che registriamo usualmente nell'area craterica. Ma non è l’unica che registriamo sul Vesuvio. Sicuramente con minore frequenza, ma osserviamo anche una sismicità che avviene al di fuori del corpo craterico. Là dove ci sono le pendici del vulcano, il basamento del vulcano si ‘confonde’, diciamo così, con strutture tettoniche della piana campana. Di conseguenza, non c’è tanto da sorprendersi che ci sia una sismicità fuori dal cratere.
L'allarmismo terremoto a Napoli: paura in città
C’è un po’ di allarmismo in questo momento.
Lo comprendo perfettamente, soprattutto in un periodo in cui l'attenzione è tutta focalizzata sull’altro vulcano di Napoli. Per chi abita da quelle parti, ricordarsi improvvisamente che anche il Vesuvio è un vulcano attivo non è esattamente una buona notizia. Ma l’allarmismo è sempre ingiustificato. Prima di tutto, perché il Vesuvio ci ha abituati a periodi con una sismicità più intensa, e questo è successo molto negli anni ‘90: 1994, 1996 e 1999, tutti periodi in cui la sismicità del Vesuvio si faceva sentire più di ora. Ricordo che, fino al 2018, il numero di terremoti che registravamo al Vesuvio, era superiore rispetto a quello che registravamo ai Campi Flegrei, per dare un’idea. Adesso ce lo siamo dimenticati, ma il Vesuvio è sempre stato attivo. Abbiamo avuto nel 1999 anche un terremoto di magnitudo 3.6. Insomma, che ci sia anche un terremoto di magnitudo 3 come quello che abbiamo registrato ieri, per chi studia questo vulcano, non è una cosa poi così misteriosa o fuori dagli schemi.
"I fenomeni sismici sono quelli che ci ricordano di più che un vulcano è attivo"
Il terremoto di ieri a Napoli è stato percepito distintamente da tutta la città
La percezione di un terremoto non è una misura di un terremoto. E’ chiaro che un terremoto a 3 km di profondità (in quella categoria che noi chiamiamo terremoti superficiali), si avvertono molto meglio rispetto a quelli che arrivano a profondità più basse. Ne abbiamo avuto uno di magnitudo 4.4 stamattina, a 243 km di profondità al largo delle Isole Eolie, per dire. La magnitudo di ieri, è classificato come bassa magnitudo. Non ci dimentichiamo di questo, anche per avere rispetto per tutte quelle aree, penso al centro Italia, dove i terremoti di magnitudo 3 sono all’ordine del giorno.
Ma è assolutamente comprensibile che ci si possa preoccupare una volta che si avverte un fenomeno. I fenomeni sismici sono quelli che ci ricordano di più che un vulcano è attivo. Gli altri, come quelli deformativi o quelli legati alle variazioni geochimiche, non si percepiscono in maniera diretta, soprattutto come quelli delle fumarole dei Campi Flegrei o del Vesuvio, che sono confinati in aree piccole o non abitate. Ma bisogna anche dire che tutti gli altri parametri del monitoraggio sul Vesuvio, non mostrano nessun tipo di anomalia. Tant’è vero che il Vesuvio ha un livello di allerta verde.
La situazione dei Campi Flegrei
L'allarmismo è ingiustificato anche per quanto riguarda la situazione dei Campi Flegrei?
In aree vulcaniche attive, gli allarmismi ingiustificati ci sono se non c’è una situazione di pericolo imminente. Le attenzioni sono sempre giustificate, invece. L’allarmismo non ci aiuta, in generale: ricordo che i Campi Flegrei sono a un livello di allerta giallo, subito dopo quello del Vesuvio. Quindi non ci serve allarmarci, ma ci serve essere attenti, continuare a lavorare sui processi e i fenomeni, come si sta facendo. E ci serve sapere che in aree così densamente popolate e ad alto rischio come il Vesuvio e i Campi Flegrei, estremamente urbanizzate, c’è una potenzialità, non imminente, di avere un evento eruttivo molto grave.
"Così come prevede la normativa, ci dobbiamo ricordare che siamo parte integrante del Sistema Nazionale di Protezione Civile. La comunità scientifica deve fare scienza e monitoraggio, gli amministratori devono amministrare, e i cittadini si devono informare. La consapevolezza del rischio riduce molto il rischio in sé. Informarsi è la cosa che ci aiuta a superare le ansie. E in certi momenti, spegnere Facebook, Instagram, Twitter, e collegarsi alla pagina web dell'Osservatorio Vesuviano leggendo scientificamente le cose come stanno, o un buon articolo di giornale che racconta in maniera chiara la situazione, è decisamente un'azione importante.
Il lavoro dell'INGV
"Da molti anni, grazie anche ai finanziamenti dalla struttura di Protezione Civile della Regione Campania, stiamo potenziando il monitoraggio ai Campi Flegrei, e faremo ciò finché ci sarà questa situazione. La nostra rete è soddisfacente, ma l'ottimo non si raggiunge mai, anche perché la tecnologia cambia molto velocemente. Noi abbiamo tutto l'interesse a seguire gli strumenti di punta della tecnologia. Per esempio, stiamo potenziando la rete di monitoraggio marino: nella zona più occidentale della caldera, installeremo anche una strumentazione geochimica per avere un punto di misura delle caratteristiche chimiche delle fumarole a mare. Si tratta di una grande scommessa per noi, come la rete multiparametrica, unica al mondo in acque basse. Per noi è veramente una cosa di grandissimo interesse, che continuerà a ridurre la miopia sull’informazione su quello che succede nella parte sommersa della caldera.
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