Si è tenuta ieri l'udienza del processo relativo all'omicidio di Saman Abbas: il fratello della diciottenne di origini pakistane uccisa a Novellara due anni fa, ha parlato in tribunale
Dopo il colpo di scena di venerdì scorso, quando la Corte d’Assise di Reggio Emilia ha stabilito che Ali Haider, fratello di Saman Abbas, avrebbe dovuto essere coinvolto nel processo in qualità non di testimone, ieri si è tenuta la nuova udienza del processo relativo all'omicidio di Saman Abbas, la diciottenne di origini pakistane uccisa a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, due anni fa. Ali, oggi 18enne, ha infine fornito preziose testimonianze relative a quel giorno in cui sua sorella è stata brutalmente uccisa, dai suoi stessi familiari. Il giovane non è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura per i minorenni di Bologna, come si è appreso nel corso dell'udienza di ieri in Corte di Assise a Reggio Emilia.
Ali Haider ha spiegato di essere stato proprio incaricato dal padre di spiare Saman. Ricordiamo che quando esplose la relazione tra Saman e Saqib, Shabar andò con altre persone in Pakistan a minacciare la famiglia di Saqib. Il fratello della vittima ha poi in seguito affermato di aver sentito Danish minacciare più volte il fidanzato di Saman. Ali era, di fatto, la spia incaricata dal padre per verificare che Saman diceva la verità quando affermava di aver rotto la relazione con Saqib.
Saman Abbas, la drammatica testimonianza del fratello Ali Haider in tribunale: "Non sono pazzo!"
Il giovane, nel corso dell'udienza, ha gridato: "Io non sono pazzo". A spiegare il motivo di questo grido di esasperazione del 18enne è l'avvocato penalista Barbara Iannuccelli. La quale, insieme all'avvocato Claudio Falleti, esperto di diritto internazionale, assiste Saqib, fidanzato di Saman.
A Mattino Cinque, Iannuccelli ha spiegato che quell'esclamazione è stata pronunciata da Ali "perché il difensore dell'imputato gli diceva che era impossibile che Danish (lo zio, ndr) fosse con il giovane la notte dopo l'omicidio. Mentre Ali continuava a dire che era accanto a lui nel letto, e lo aveva riconosciuto anche dall'odore di alcool", spiega Iannuccelli.
La quale fa notare anche un dettaglio non di poco conto, relative alle telecamere di videosorveglianza che danno sul piazzale. "Non si vede nessuno che entra o che esce. Noi, però, sappiamo benissimo che è stato certificato dal punto di vista processuale che quella telecamera aveva un bug, e cioè non funzionava, la stessa ora per diverso tempo tutte le notti. Quindi c'è un vulnus relativamente a queste immagini, che invece il difensore dell'imputato ha voluto in qualche modo utilizzare per minare la credibilità del ragazzo. Quindi, di fronte a questo tipo di attacco, Ali Haider ha gridato: "Io non sono pazzo!"
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