Oggi in Italia e nel mondo, si celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale: per l'occasione abbiamo intervistato il dottor Fabrizio Starace, a capo della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP), Presidente Sez. III del Consiglio Superiore di Sanità e Direttore DSM-DP AUSL Modena.
Il 10 ottobre è la data scelta a livello internazionale per celebrare il World Health Mental Day, dall'inglese, la Giornata mondiale della salute mentale. Una tematica di cui si parla, finalmente, con molta più frequenza e urgenza rispetto al 1992, anno in cui fu istituita questa ricorrenza, e che vede la partecipazione di un gran numero di cittadini, affetti o anche solo sfiorati da malattie legate alla sfera psichica e psichiatrica.
Lo scopo della Giornata Mondiale della Salute Mentale è quello di sensibilizzare ed educare le persone, innanzitutto alla consapevolezza della malattia mentale, spesso soggetta a stigma e discriminazioni.
A che punto è l'Italia su questa tematica? Cosa si sta facendo per migliorare l'assistenza ai pazienti affetti da disturbi mentali? Se ne parla a sufficienza, e in che modo?
Lo abbiamo chiesto al dottor Fabrizio Starace, Direttore DSM-DP AUSL Modena, Presidente della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP) e Presidente Sez. III del Consiglio Superiore di Sanità.

Giornata mondiale della salute mentale, a che punto è l’Italia
Dottor Starace, partiamo innanzitutto dalla tematica scelta da quest'anno per la Giornata Mondiale della Salute Mentale 2023, espressa con la seguente frase: la Salute Mentale è un diritto umano universale. Quanto di concreto c’è in questa affermazione oggi, in Italia.
L'affermazione dei diritti obbliga tutti a riflettere su elementi fondamentali del nostro essere umani, e civili. Questa affermazione dovrebbe poi essere seguita da atti concreti, che vadano nella direzione di realizzare davvero i diritti. Altrimenti, come spesso accade, se ne parla solamente. E questo ottiene un effetto contrario, nel senso che le persone poi perdono la fiducia nella priorità etica e morale che si assegna a questi diritti, e pensano che siano tutte chiacchiere.
Di recente lo stesso Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha invitato le istituzioni a "promuovere politiche di prevenzione": cosa si sta facendo e, soprattutto, su cosa siamo indietro? A che punto siamo?
C'è stato un peggioramento negli ultimi 10 anni, perché la salute mentale è uscita fuori dall'agenda politica italiana. Solo di recente la si sta riscoprendo. Basti pensare che solo qualche anno fa si è tenuta la 2° Conferenza Nazionale sulla Salute Mentale: la prima edizione si è tenuta 20 anni fa, nel 2001, la seconda, quindi, nel 2021. Capisce che c'è stato un lungo periodo in cui non si è proprio parlato di salute mentale. Vent'anni: un po' di ritardo.
L'Italia, per ogni cittadino, destina alla salute mentale circa 60 euro (risorse pro-capite nominali). Siamo molto indietro rispetto agli altri Paesi del mondo: un ottavo dello sforzo che fanno Francia e Germania, un quinto del Regno Unito, e siamo indietro anche rispetto a Spagna e Portogallo.
2021, quindi in piena lotta alla pandemia da Covid-19: possiamo quindi affermare che l'interesse verso la tematica della salute mentale sia esplosa anche grazie al virus.
Sì, sia per condizione oggettiva, che per il vissuto di grande disagio che tutti hanno provato. Per la paura e l'angoscia, che, ancora, per le misure restrittive che sono state adottate per la prevenzione contro il contagio.
La salute mentale nei casi di cronaca
Di frequente la salute mentale viene tirata in ballo nei casi di cronaca giudiziaria: gli avvocati difensori sembrano 'usare' le perizie psichiatriche per ottenere sconti di pena per i loro assistiti.
Se nelle sentenze passano principi come quelli per cui una persona con disturbo della personalità può accedere alla seminfermità, o, addirittura, all'infermità totale di mente, quindi senza espiare neanche un giorno di pena, è chiaro che qualsiasi avvocato, anche per un litigio per un posto auto o una lite tra condomini, chiede subito una perizia psichiatrica.
E spesso, specie se gli esiti delle perizie incontrano lo sfavore dell’opinione pubblica, la tematica sembra uscirne quasi indebolita.
È così: è questa una debolezza intrinseca della psichiatria, che negli ultimi vent'anni ha enormemente espanso i propri confini, includendo molte manifestazioni della natura umana che non sono patologie, ma manifestazioni di malessere, di disagio. La psichiatrizzazione della vita quotidiana è, di per sé, una patologia.
È, questo, il segnale di un'enorme debolezza e arbitrarietà che esiste nel lavoro peritale. In alcuni processi famosi è capitato spesso che c'era l'esito di una perizia, poi quello di una contro perizia che diceva l'esatto contrario della prima, e poi, ancora, una terza super perizia che diceva un'altra cosa ancora. Una specie di mercato della diagnosi.
Io sarei per l'abrogazione totale dell'infermità e seminfermità, e per la parità totale dei diritti e dei doveri, che sia un paziente con un problema psichico, cardiaco, o ortopedico.
La salute mentale nel mondo dello spettacolo: i tabù cadono, ma nel modo giusto?
Oggi si parla di più di salute mentale, è stato abbattuto il muro della vergogna che ha per anni circondato la tematica. E se ne parla soprattutto nel mondo dello spettacolo: Fedez proprio di recente ha parlato dei suoi problemi di depressione dopo aver scoperto di essere malato. Marco Mengoni, Elodie ed Emma hanno parlato senza problemi dei loro percorsi di terapia con dei professionisti.
Ma, secondo lei, se ne parla nel modo giusto? Oppure, giusto o sbagliato che sia, va bene purché se ne parli?
La comunicazione è sempre un'arma a doppio taglio. Nel senso che è molto utile che vi siano persone che vengono ritenute attendibili da fasce della popolazione, così che sdoganino temi di solito ritenuti tabù, come appunto quello della salute mentale. D'altro canto, però, bisogna stare molto attenti. Sarebbe auspicabile che questi testimonial, prima di esprimersi in maniera libera, non avendo un background tecnico sufficiente, si consultassero con chi questo background ce l'ha. A volte, anche usare una parola al posto di un'altra può ottenere effetti completamente diversi, talvolta disastrosi. Quindi, bene l'uso di questi testimonial, ma ricordiamoci che non dobbiamo vendere un prodotto di consumo, ma rendere consapevoli le persone che i tabù si possono superare.
Negli ultimi anni abbiamo imparato parole nuove legate al mondo della salute mentale. Come la FoMo (Fear of Missing Out), la dismorfofobia, l'eco-ansia. Non sempre li si approfondisce in maniera adeguata
Credo che questo sia l'effetto perverso di una certa comunicazione che si esprime per parole chiave e slogan, e non per ragionamenti. La comunicazione da 15 secondi adatta per il telegiornale, per la radio. Ma quel che incide sulla consapevolezza e il comportamento delle persone è il ragionamento, l'elaborazione, il collegamento con la propria condizione. Non certamente il flash di 10 secondi, come si usa fare adesso.
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