"La paga che ho ricevuto per lavorare come cameriera: mi vergogno di essere italiana"

Riceviamo e pubblichiamo lo sfogo di una lettrice, che, dopo una giornata di prova come cameriera, ha ricevuto una paga più che misera

"Sono furiosa, amareggiata e profondamente delusa. Oggi ho fatto una giornata di prova in un ristorante della mia città, una di quelle esperienze che, in teoria, dovrebbero aprirti le porte al mondo del lavoro, darti un’opportunità per dimostrare quanto vali. Ma la realtà è stata un pugno nello stomaco. Otto ore di lavoro intenso, senza sosta. Sono arrivata alle 10 del mattino e ho iniziato subito: sistemare i tavoli, preparare il pane, lavare i piatti, servire ai tavoli, pulire i bagni. Ogni mansione, per quanto umile, l’ho affrontata con serietà e impegno, perché volevo fare una buona impressione. Ho corso su e giù per la sala senza mai fermarmi, con il sudore che mi colava sulla fronte e i piedi che urlavano per il dolore. Ma non mi sono lamentata, convinta che questo sacrificio mi avrebbe ripagato".

"Quando è arrivato il momento di andarmene, mi hanno messo in mano una banconota da 20 euro. Venti euro. Per otto ore di fatica. Ho sorriso, ho ringraziato, ma dentro di me montava una rabbia che non riuscivo a contenere. Ho fatto un rapido calcolo: meno di 3 euro all’ora. E tutto questo senza un contratto, senza alcuna garanzia, senza nemmeno un “grazie” sincero".

cameriera

"20 euro per una giornata a lavorare come cameriera"

"Non riesco a non sentirmi sfruttata. Come si può pensare che una paga del genere sia accettabile, specialmente per un giovane che cerca di entrare nel mondo del lavoro? Ho 22 anni e sogno di costruirmi un futuro, ma esperienze come questa mi fanno sentire come se il sistema fosse programmato per scoraggiarci. Voglio lavorare, imparare, crescere. Ma a queste condizioni, è come se ci venisse detto che il nostro tempo, la nostra energia, il nostro impegno non valgono nulla".

"E non è solo una questione di soldi. È una questione di dignità. Durante quella giornata non mi sono mai sentita considerata una persona. Ero solo una risorsa temporanea, da spremere fino all’ultimo e poi lasciar andare senza troppe spiegazioni. Nessuno si è preoccupato di chiedermi come stavo, se avevo bisogno di una pausa, se tutto andava bene. E io, per timore di sembrare poco volenterosa, non ho mai chiesto nulla. Questo non è il mondo del lavoro che voglio per me e per i miei coetanei. Non è giusto che accettare queste condizioni diventi la norma, solo perché “è così che funziona” o perché “sei giovane e devi farti le ossa”. Farsi le ossa non dovrebbe significare accettare lo sfruttamento. Voglio credere che esista un modo migliore, un mondo dove il lavoro venga riconosciuto e rispettato, indipendentemente dall’età o dall’esperienza".

"Oggi mi sono sentita piccola, invisibile. Mi sono vergognata di essere italiana, perché queste cose accadono solo nel nostro paese. Ma non voglio arrendermi. Racconto questa esperienza per far capire che noi giovani non siamo disposti a farci trattare così. Il nostro tempo, la nostra fatica e il nostro futuro valgono più di 20 euro".