Pisa, malato di tumore al cervello: l'odissea di Antonio D'Amelio al Pronto soccorso
E’ una storia dolorosa quella che arriva da Pisa. Una storia purtroppo con il più triste dei finali, ma che, tuttavia, ancora racchiude in sé una speranza, quella che le cose possano cambiare. Anna Ulivelli è la ex moglie di Antonio D’Amelio, 56 anni, che fino alla fine ha lottato contro un tumore al cervello. Antonio non c’è più, ma la sua ex compagna ha comunque deciso di portare avanti una battaglia in difesa dei pazienti di oggi, e di domani. E lo fa in base a quanto vissuto e visto nel Pronto soccorso dell’ospedale di Pisa. Qui la coppia si era recata lo scorso febbraio per un problema alla vescica. Un calvario durato 24 ore, come raccontato dalla donna a Mattino Cinque.
Pisa, malato di tumore lasciato in barella per 24 ore senza mascherina: il calvario di Antonio
“Antonio ha dovuto trascorrere 24 ore al pronto soccorso di Pisa per la sostituzione di un catetere vescicale, su una barella nel corridoio insieme ad altri 50-60 tra pazienti e parenti. Senza mascherina e senza le terapie che erano assolutamente indispensabili, in attesa di una consulenza di urologia che non è mai arrivata, perché Antonio è stato dimesso il giorno successivo, dopo 24 ore, senza nessuna consulenza urologica. Ma visitato da uno specializzando del Pronto soccorso. Il catetere vescicale gli è stato sostituito la sera intorno alle 9, ma perché io ho ripetutamente chiesto che venisse fatto, dato che lui aveva dolore. Tra l’altro, un paziente con un tumore al cervello senza terapie: credetemi, il calvario per lui è stato infinito. Conati di vomito, mal di testa fortissimi. E per giunta senza nemmeno la mascherina, con il rischio di contrarre il Covid, che avrebbe potuto essergli letale, e abbreviare ulteriormente la sua vita", racconta Anna alla trasmissione di Canale 5.
"Entrato alle 3 del pomeriggio, e alle 9 di sera aveva ancora davanti a sé 16 persone"
"Sono qui perché vorrei che in futuro, in un mondo ideale, pazienti come lui possano vivere gli ultimi giorni della loro vita in modo dignitoso, ed essere presi in carico dagli ospedali sin dalla diagnosi. Gestiti in modo diverso da qualsiasi altro paziente. E’ assurdo che un paziente come Antonio ancora debba accedere al Pronto soccorso e fare la fila insieme agli altri con un codice bianco. Lui è entrato alle 3 del pomeriggio, e alle 9 di sera aveva ancora davanti a sé 16 persone, nonostante io cercassi di spiegare la situazione. Non sono qui a contestare, né a giudicare il lavoro degli operatori sanitari, che purtroppo sono costretti a lavorare sotto organico. C’è un’assenza di percorsi dedicati, un’assenza del territorio a supporto del paziente”.
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