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Di solitudine si muore, Mencacci (SINPF): "L'epidemia nascosta di cui dobbiamo occuparci"

La nostra intervista al professor Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana Neuropsicofarmacologia (SINPF)

"La solitudine nel mondo sta aumentando, e dobbiamo correre ai ripari". E' questo l'allarme lanciato dalla Società Italiana Neuropsicofarmacologia (SINPF), che, dati alla mano, sottolinea l'urgenza, più che mai pressante, di costruire reti di connessione sociale in soccorso di chi è solo. Non è un discorso di pietà: di solitudine, infatti, si muore.
Ne abbiamo parlato con il professor Claudio Mencacci, presidente SINPF.

La solitudine come emergenza sociale: "Chi è solo muore prima"

L’isolamento e la disconnessione sociale rappresentano un problema di salute pubblica. Perché?
La solitudine fa male: l’effetto dell’isolamento e della disconnessione sociale è, in previsione di un tasso di mortalità, secondo uno studio del 2022 è paragonabile al fumo di 15 sigarette al giorno e 6 bicchieri di vino rosso. Mentre, dall’altra parte, a parità di diete ed esercizio fisico, gli individui che avevano una buona connessione sociale, avevano una probabilità di sopravvivenza aumentata del 50%. L’isolamento e la solitudine correlano molto di più con la sedentarietà, l’obesità, il fumo, l’aumento dei livelli infiammatori e l’aumento dei rischi cardiovascolari. Tutte le indagini ci dicono che la solitudine aumenta il rischio di tutte le cause di mortalità, dal 14 al 32%, soprattutto per problemi cardiovascolari, tumori e decadimento cognitivo e depressione. Per gli anziani, specifico, c’è un aumento del rischio di quasi 2 volte di sviluppare demenza a distanza di 9 anni. 

I più soli: anziani e adolescenti

Chi colpisce di più la solitudine?
Purtroppo, piove sempre sul bagnato: di solitudine soffre chi ha un più basso livello di istruzione, e chi ha difficoltà economiche. Dal punto di vista demografico, secondo uno studio condotto su 113 nazioni, i più soli sono gli adolescenti e gli anziani. Per questi ultimi, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, in seguito a un periodo di sorveglianza nel 2021-2022, la percentuale in Italia di anziani soli è del 15%. Persone che vivono in condizioni di isolamento sociale, e cioè che in una settimana normale non incontrano, né telefonano nessuno, né partecipano ad eventi sociali. Il dato arriva fino a 1 su 3. Quel che vale la pena sottolineare, è che il dato è più a sfavore nelle regioni del Sud Italia che del Nord. Normalmente avremmo detto il contrario. Nello specifico, il dato dice esattamente che Sud c’è un 20% verso un 10% del Nord e un 14% del Centro.

Alla luce di questi dati, è sorprendente constatare che delle conseguenze della solitudine se ne parla pochissimo.
Non ce ne rendiamo conto: ci sarà un motivo per cui in Gran Bretagna, in Giappone e in Svezia, hanno creato un Ministero della Salute. Si sono resi conto che il tema della solitudine è fondamentale per la salute della popolazione. E’ un’epidemia nascosta. 

Mencacci (SINPF): "Creare strutture che favoriscano la connessione sociale"

Come investire contro la solitudine?
Da un lato c’è il tema della prescrizione sociale: a partire dalla stessa medicina generale, vengano attivate, attraverso quelli che si chiamano i link worker, cioè degli operatori che mettono in contatto con tutta l’area del terzo settore, associazioni, attività individuali o di gruppo. Il tema della rete sociale non può essere lasciato al caso: tante volte ci sono risorse sul territorio che non sono considerate, perché le persone non ne sanno niente. Soprattutto per le persone con patologie croniche, sole o vulnerabili, questo è un tema centrale. Insieme ad alcune iniziative volte a educare la comunità pubblica e medica sull’importanza della connessione sociale.

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Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana Neuropsicofarmacologia (SINPF)


"Si pensi alla solitudine come a un fattore grave, e non secondario, della salute"

Altro tema è quello di sviluppare punti di contatto nei quartieri, soprattutto lì dove c’è una popolazione anziana più elevata. Strutture che possano rafforzare la connessione sociale. Ho sempre pensato che un luogo di incontro siano le farmacie, luogo di contatto con la restante rete sociale. Lì dove spesso le persone sole, per motivi di salute, possono recarsi. Dobbiamo costruire dei sistemi per cui le persone siano aiutate sia nei contatti sociali, che nella loro digitalizzazione.
Semmai riusciremmo ad avere una sanità territoriale, non ci si fermi all’aspetto esclusivamente sanitario, ma si pensi alla solitudine come un fattore grave, e non secondario della salute. Solamente intervenendo sulla solitudine, la riduzione dei casi di depressione è intorno al 20%. E’ un bellissimo dato, questo, che vale per la depressione, ma anche per la demenza o per problemi cardiovascolari.

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