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Giovanna Pedretti, il caso che ha ucciso definitivamente il giornalismo italiano

Giovanna Pedretti, il triste caso della ristoratrice di Sant'Angelo Lodigiano celebra la morte del giornalismo italiano: una montagna di errori, e una vittima

Le indagini stabiliranno cosa è accaduto nella mente di Giovanna Pedretti, la ristoratrice di Sant'Angelo Lodigiano (in provincia di Lodi) trovata domenica scorsa senza vita nelle acque del fiume Lambro. La 58enne e il suo ristorante Le Vagnole, erano balzati agli 'onori' della cronaca nazionale dopo la pubblicazione su Facebook, da parte della donna, di una recensione di un suo cliente, che si lamentava del servizio ricevuto nel locale. Un commento omofobo, al quale Pedretti aveva risposto per le rime, con parole in difesa degli omosessuali che l'uomo aveva insultato. E, inoltre, in difesa di una persona disabile presente quel giorno nel ristorante, nei confronti della quale il cliente polemico avrebbe avuto un atteggiamento ostile. Quando, però, qualcuno aveva messo in dubbio la veridicità della recensione, supponendo che la ristoratrice si fosse inventata tutto per ottenere un po' di pubblicità, si è iniziato a scavare verso il fondo.

E il fondo si è toccato e grattato sempre di più, fin quando non è arrivata l'estrema conseguenza: Giovanna Pedretti è stata trovata morta, e tutti i sospetti di amici, familiari e inquirenti portano a una sola ipotesi: suicidio. La donna non avrebbe retto al fango che in poche ore l'ha travolta, in una valanga che si è alimentata sempre di più, fino a distruggere ogni cosa. La vita di una donna, quella di chi la amava, e, come un colpo di spugna, anche la dignità del giornalismo italiano. O, almeno, quello che ne restava.
Questa bruttissima storia si eleva, purtroppo, a simbolo. Quello della morte della stampa nostrana, capace di tutto pur di racimolare le attenzioni dei lettori, e di ravvivare una giornata senza notizie buone.

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Giovanna Pedretti

 

Giovanna Pedretti, con lei muore anche il giornalismo italiano

E' così, ormai: giornali e trasmissioni tv aspettano il caso di cronaca per riempire giornali, siti e scalette. Finito lo shock dell'assassinio di Giulia Cecchettin, e lasciate alle spalle tutte le buone intenzioni di un linguaggio diverso, di una comunicazione più attenta nei confronti di determinate tematiche, la giostra mediatica ha ripreso a girare. E, in mancanza di casi appetitosi di cui parlare, le attenzioni di qualsiasi grande testata si sono concentrate su Giovanna Pedretti. Giornate magre senza uno straccio di femminicidio su cui marciare, senza stragi né incidenti, senza clamorose scomparse né processi dalla sentenza vergognosa. La ristoratrice ha pagato sulla sua pelle la triste coincidenza di un vuoto di notizie, sommato a un caso creato e gonfiato ad arte. Fino ad occupare le homepage di tutti i siti nazionali.

La domanda che ci si deve porre è: come può la recensione, vera o falsa, di un ristorante, diventare la notizia del giorno di un paese intero? Perché, se i giornalisti non sono più capaci di discernere una notizia da una banale curiosità, è compito, allora, del lettore, continuare ad ignorare quel giornale che pubblica fandonie.
Non ci interessa, in questa sede, difendere o sottolineare le eventuali responsabilità di Pedretti. Ma un punto è sacrosanto: quella donna era una semplice ristoratrice, non abituata a stare davanti alla telecamera. E che mai, come chiunque, avrebbe immaginato le conseguenze di una semplice pubblicazione su Facebook.

Quando la macchina mortale del web ha iniziato a marciare contro di lei, lei, semplicemente, non ha retto. La riflessione è: cosa significa, oggi, fare informazione? Esporre alla gogna chiunque faccia un passo falso? Sacrificare qualsiasi cosa, compresa la reputazione di una testata giornalistica, al dio del click? E' questa la direzione in cui stiamo andando? Con la morte della protagonista dell'ennesimo caso-non caso del giornalismo italiano, forse, siamo già arrivati a destinazione. E, insieme a Giovanna Pedretti, è morta anche la stampa italiana.

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