Traffico intenso, un incidente, una coda imprevista all’uscita dell’autostrada. A molti capita di trovarsi in queste situazioni proprio quando serve arrivare puntuali in ufficio, dal barbiere, dall’estetista o alla partita di calcetto. Appena la strada si libera, l’istinto suggerisce di premere un po’ di più sull’acceleratore. Ma aumentare la velocità conviene davvero? Quanto tempo si risparmia in termini reali? A chiarire il tema interviene il fisico italiano Matteo Dalfiume, che studia il rapporto tra percezione umana e velocità.
Il ricercatore spiega un punto fondamentale: «Passare da 100 km/h a 120 km/h, su un percorso di cento chilometri, fa risparmiare meno di dieci minuti». Un dato che sorprende perché molti automobilisti credono che basti correre un po’ di più per recuperare ritardi importanti. In realtà, osserva il fisico, la nostra mente ci inganna attraverso un meccanismo preciso, noto in psicologia cognitiva come bias di risparmio di tempo (time saving bias).
Time saving bias: perché stimiamo male il tempo risparmiato accelerando
Il concetto è semplice ma spiazzante. Gli esseri umani tendono a valutare in modo distorto il tempo guadagnato quando aumenta la velocità. Dal Fiume mette in luce che questo errore funziona in due direzioni. Da un lato sottovalutiamo il tempo che potremmo risparmiare passando da una velocità molto bassa a una intermedia. Dall’altro sopravvalutiamo il guadagno quando acceleriamo da una velocità già alta.
Un esempio pratico rende il fenomeno evidente. Su un percorso di 100 km, salire da 40 km/h a 50 km/h permette di risparmiare circa un’ora. Una differenza enorme, che molti non immaginano. Al contrario, passare da 100 km/h a 120 km/h, sempre su cento chilometri, taglia il viaggio di appena dieci minuti. Eppure, nella testa di tanti automobilisti, quei venti chilometri orari in più sembrano un vantaggio molto più incisivo.
Perché abbiamo la sensazione di “volare” quando acceleriamo
Il motivo della distorsione nasce da come il cervello gestisce la velocità. Quando siamo già in movimento sostenuto, ogni incremento dà una sensazione fisica immediata: il motore più presente, il rumore dell’aria, l’asfalto che scorre più veloce ai lati. Tutti questi segnali suggeriscono un grande aumento di rapidità, ma la matematica racconta tutt’altro. A velocità elevate, infatti, il tempo di percorrenza non cala in modo proporzionale: serve un incremento enorme per ottenere un risparmio significativo.

Esistono poi fattori psicologici che amplificano la percezione del guadagno. La fretta, l’ansia di arrivare, la pressione degli impegni contribuiscono a farci credere che l’accelerazione sia la soluzione più logica, quando in realtà incide molto meno del previsto.
Il parallelo con il lavoro: lo stesso bias rallenta la produttività
Dalfiume osserva che questa distorsione non riguarda solo chi guida. «Una dinamica simile capita anche sul lavoro», sottolinea il fisico. Tendiamo a ignorare il beneficio che avremmo nel migliorare un collo di bottiglia, cioè la fase più lenta di un processo, e allo stesso tempo sopravvalutiamo l’impatto di un ulteriore incremento di velocità in un passaggio già efficiente.
Il risultato è noto a molti team aziendali: si investono energie per rendere ancora più rapida una parte del flusso che funziona già bene, mentre quella realmente limitante resta invariata. Conoscere il bias permette di identificare dove intervenire davvero per guadagnare tempo.
Perché la prudenza resta la scelta più efficace alla guida
Alla fine, la matematica e la psicologia arrivano alla stessa conclusione: spingere il piede sul pedale raramente porta benefici concreti, mentre aumenta i rischi. Lo ricorda lo stesso Dal Fiume, che invita gli automobilisti a evitare scelte impulsive. Più velocità significa frenate più lunghe, minore controllo e maggiore pericolosità per sé e per gli altri. Conoscere il bias di risparmio di tempo aiuta a gestire meglio la fretta, evitando comportamenti che non fanno davvero recuperare minuti preziosi.
A confermare questa idea c’è anche un esperimento storico della trasmissione Quark, citato da uno dei commenti più apprezzati sui social. Due auto percorrevano lo stesso tragitto nel centro di Roma: una rispettava limiti e semafori, l’altra spingeva al massimo, ignorando ogni regola. Il risultato? La differenza all’arrivo era di appena sei minuti. Un distacco minimo, ottenuto però con un numero elevato di infrazioni e un rischio altissimo. Un promemoria efficace, che molti spettatori ricordano ancora oggi.
Il messaggio resta attuale: la fretta inganna e la velocità non fa miracoli. Conoscere i meccanismi che influenzano le nostre scelte aiuta a guidare meglio e a lavorare meglio. Sapere dove si risparmia davvero tempo, e dove no, rende ogni giornata più semplice e più sicura.
Visualizza questo post su Instagram
Indice dei contenuti
