Cosa significa avere paura dei cani o dei gatti? La risposta potrebbe essere anche nella psicologia.
Provare paura alla sola vista di un cane o di un gatto non è solo una questione di gusti personali o esperienze spiacevoli. La psicologia definisce queste paure con due nomi precisi: cinofobia, quando il timore è rivolto ai cani, e ailurofobia, quando riguarda i gatti. Due condizioni diverse, ma accomunate da un’origine ansiosa, spesso profonda e difficile da ignorare. Entrambe rientrano tra le fobie specifiche, ovvero quelle paure eccessive e persistenti che si attivano di fronte a un oggetto o una situazione ben definita. In questo caso, gli animali protagonisti sono domestici, amati da molti, ma vissuti da altri come minaccia. Il punto chiave è che non servono ringhi, morsi o unghiate per far scattare la reazione. Basta, infatti, la semplice presenza dell’animale, o addirittura un’immagine o il pensiero, per provocare tachicardia, sudorazione, ansia, tremori e panico.
Cosa significa avere spesso paura di cani o gatti: la risposta della psicologia
Chi soffre di ailurofobia sviluppa un’ansia estrema alla vista di un gatto. I sintomi possono comparire anche in situazioni lontane dalla realtà: un disegno, una scena di un film o il solo sentire un miagolio possono bastare. Ci sono anche casi in cui la paura porta a evitare case, ambienti o persone che possiedono gatti, compromettendo la vita sociale. Le origini possono essere molteplici. Spesso c’è un evento traumatico alla base, come un graffio o un morso ricevuto durante l’infanzia. Ma la paura può anche essere appresa: vedere un genitore che reagisce con terrore davanti a un gatto, ad esempio, può trasmettere inconsciamente lo stesso timore. A tutto questo si sommano fattori culturali: superstizioni, miti e racconti sui gatti neri, visti storicamente come portatori di sfortuna, possono contribuire a rinforzare l’ailurofobia.

Tra i primi a occuparsi seriamente di questa fobia ci fu Silas Weir Mitchell, neurologo americano del XIX secolo, noto per aver studiato il modo in cui i soggetti ailurofobici percepivano la presenza di un gatto anche in assenza di stimoli sensoriali diretti. I suoi esperimenti rivelarono una sensibilità quasi “telepatica” da parte di chi temeva questi animali, dimostrando quanto profondo e radicato fosse il disturbo. Nel caso della cinofobia, il meccanismo è analogo. Il timore si attiva davanti a qualsiasi cane, a prescindere da dimensioni, razza o comportamento. Un cucciolo tranquillo può spaventare quanto un cane randagio. Anche qui, l’evitamento diventa la strategia principale: niente passeggiate nei parchi, visite ad amici con animali, uscite in zone urbane dove è comune incontrare cani.
Le cause più comuni risiedono in esperienze negative pregresse: un morso, un’aggressione o anche solo uno spavento infantile. Tuttavia, come dimostra uno studio del 1992 su bambini e adulti, non sempre è necessario un evento traumatico diretto per sviluppare la fobia. In molti casi, il semplice contatto con persone impaurite o la visione di notizie o film in cui i cani sono aggressivi può bastare. Al contrario, esperienze positive con i cani sembrano avere un effetto protettivo, riducendo la possibilità che si sviluppi la cinofobia. Lo stesso studio ha evidenziato che i bambini sono particolarmente vulnerabili, a causa dei loro movimenti imprevedibili e rumorosi, che possono spaventare i cani e generare reazioni improvvise, spesso fraintese come aggressioni.
A livello storico, uno dei primi psicologi a occuparsi delle fobie animali fu G. Stanley Hall, figura centrale nella psicologia statunitense. Hall ha contribuito a classificare le fobie infantili, tra cui quella per i cani, evidenziando come la paura verso alcuni animali possa radicarsi nell’età evolutiva per poi protrarsi nell’età adulta, se non affrontata. Avere paura di cani o gatti non è solo una semplice 'antipatia'. Quando la paura prende il sopravvento sulla razionalità, si entra nel campo delle fobie specifiche che meritano attenzione e comprensione. Le radici possono affondare in traumi, esperienze apprese o credenze culturali, ma il disagio è sempre reale. La buona notizia è che, con il giusto aiuto, è possibile superarle e recuperare una vita serena anche in presenza di fusa e abbai.