Riceviamo e pubblichiamo la lettera anonima di una nostra lavoratrice dal Piemonte: una testimonianza che, in vista del 1° maggio, Festa dei Lavoratori, fa riflettere sullo stato del mondo del lavoro oggi in Italia
"In vista del 1° maggio, giornata che dovrebbe celebrare il valore e la dignità del lavoro, mi sento in dovere a raccontare quello che mi è successo poche settimane fa durante un colloquio di lavoro. Scrivo da una piccola città del Piemonte, con la voce di chi ha sempre creduto che, pur con mille difficoltà, il mondo del lavoro potesse offrire almeno una parvenza di rispetto. E invece, mi sono ritrovata a vivere una scena grottesca e umiliante, che mi ha lasciata con un senso di rabbia e di impotenza. Per paura di ripercussioni, preferisco restare anonima. Ma ho deciso di parlare: perché questa festa abbia senso, bisogna sapere cosa accade davvero quando si cerca lavoro oggi", esordisce Sara, nome di fantasia che diamo alla nostra lettrice.
"Mi sono presentata in un negozio del centro per un colloquio di lavoro. Avevo risposto a un annuncio per una posizione da commessa, e mi ero preparata come si deve: curriculum stampato, sorriso pronto, speranza negli occhi. Il titolare – un uomo sulla cinquantina, dall’aria sbrigativa – ha cominciato con domande di rito, poi ha gettato un’occhiata veloce al mio volto e mi ha detto: «Puoi girarti un attimo? Fammi vedere il tuo profilo destro». Pensavo di aver capito male. Ma lui ha aggiunto, con assoluta naturalezza: «Dal bancone si vede solo il lato destro della commessa. Devi avere un profilo perfetto, sennò non va bene».
"Domani è il 1° maggio, la Festa dei Lavoratori, ma non riesco a pensare alla parola 'festa'”.
"Per un attimo ho taciuto, paralizzata. Avrei voluto rispondere, protestare, alzarmi e andarmene. Invece ho lasciato che il colloquio finisse, con un nodo in gola. Non era la prima volta che sentivo commenti sull’aspetto fisico, ma mai in modo tanto diretto, tanto volgare. Il lavoro che stavo chiedendo non era nel mondo dello spettacolo, ma in un negozio di articoli per la casa. Eppure, il mio profilo sembrava contare più della mia esperienza o del mio carattere. So bene che in alcuni contesti l’immagine conta. Non sono ingenua, e non pretendo che questo cambi da un giorno all’altro. Ma quando un colloquio si trasforma in una selezione basata su tratti somatici, il confine tra lavoro e umiliazione si fa sottile. Quella richiesta non era professionale, né legittima: era un’offesa mascherata da esigenza estetica. Il messaggio era chiaro: non importa chi sei, ma come appari – e solo da una specifica angolazione".
"Scrivo questa lettera proprio perché domani è il 1° maggio, la Festa dei Lavoratori, ma non riesco a pensare alla parola 'festa'. In un paese dove si viene scartati per un “profilo imperfetto”, non c’è molto da festeggiare. La mia speranza è che, raccontando quanto accaduto, si apra uno spazio di discussione sincera su cosa significhi oggi lavorare – o anche solo cercare di farlo – da donna, giovane e senza “il lato giusto”. Non basta applaudire i lavoratori un giorno all’anno: bisogna ascoltarli, difenderli, e riconoscere il loro valore. Al di là dell’apparenza".