Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un nostro lettore, professione cameriere
Siamo felici di ricevere ogni giorno lettere di lavoratori e lavoratrici che amano condividere con noi le loro esperienze professionali. Molte di queste sono, ahinoi, amare. Oggi pubblichiamo l'email che abbiamo ricevuto da Silvio, un cameriere di Cuneo che ha voluto condividere con la nostra redazione una riflessione secondo noi sacrosanta, che abbiamo scelto di pubblicare per il valore del messaggio che Silvio, che ringraziamo, prova a inviare. La lettera comincia così: "Spettabile redazione, mi chiamo Silvio, ho 32 anni e sono di Cuneo, Piemonte. Lavoro come cameriere. Oggi sento la necessità di scrivervi per esprimere una frustrazione che non è soltanto mia, ma di tanti giovani che si affacciano al mondo della ristorazione con entusiasmo e determinazione, salvo poi scontrarsi con una realtà che sembra rimasta indietro di decenni".
Piemonte, lo sfogo di un cameriere 32enne: "I ristoratori cambino atteggiamento"
"Ogni giorno sentiamo i ristoratori lamentarsi dell’impossibilità di trovare personale, in particolare camerieri. Si parla di una generazione di giovani disinteressati, svogliati o che non hanno voglia di lavorare. Ma è davvero così? Io non credo. Guardando ai miei coetanei e alla mia esperienza personale, posso affermare che molti di noi hanno voglia di imparare, di fare la cosiddetta gavetta, di crescere in questo settore. Tuttavia, il problema non è la mancanza di volontà da parte nostra, ma l’atteggiamento retrogrado e anacronistico di tanti datori di lavoro", dice Silvio.
Che spiega meglio cosa intende dire: "In troppi casi ci si trova davanti a richieste assurde: turni massacranti, poche ore di riposo, straordinari non retribuiti e, peggio ancora, un ambiente di lavoro tossico. Dopo la pandemia da COVID-19, ci si aspettava un cambiamento. Abbiamo tutti imparato quanto sia importante la salute mentale, quanto sia fondamentale lavorare in un ambiente sano e rispettoso. Eppure, sembra che molte persone nel nostro settore non abbiano capito la lezione. Ci si aspetta ancora che i giovani si pieghino a condizioni lavorative che non solo sono ingiuste, ma anche umilianti".
"Non chiedo la luna, ma rispetto e dignità"
"Non sto chiedendo la luna. Non sto chiedendo stipendi da capogiro o condizioni irrealistiche. Chiedo soltanto rispetto, dignità, e la possibilità di crescere in un ambiente sano. Voglio poter imparare, migliorare, diventare un professionista, ma senza dover sacrificare la mia salute mentale o accettare un trattamento irrispettoso. E come me, tanti altri giovani. La ristorazione è un settore affascinante e ricco di opportunità. Ma è anche un settore che deve adeguarsi ai tempi. Non si può continuare a pretendere che le nuove generazioni accettino condizioni lavorative insostenibili. La richiesta di lavoro c'è, l'offerta pure. Quello che manca è un punto d'incontro basato sul rispetto reciproco e su un cambiamento culturale necessario".
E poi un appello finale: "Mi rivolgo dunque agli imprenditori della ristorazione: cambiate atteggiamento. Capite che il mondo è cambiato e che i giovani non sono più disposti a farsi sfruttare. Solo creando un ambiente di lavoro sano, umano e rispettoso potrete risolvere questo corto circuito tra domanda e offerta. La ristorazione è un lavoro bellissimo, ma ha bisogno di essere vissuto e offerto con dignità"