Sanità: l'intervista a Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, sugli ultimi report riguardanti la migrazione sanitaria e la copertura vaccinale in Italia.
Secondo i dati pubblicati in un recente report della Fondazione GIMBE, il valore della mobilità sanitaria interregionale in Italia, nel 2021, è aumentato di quasi un miliardo di euro. Se nel 2020, anno in cui è scoppiata la pandemia da Covid, il valore si attestava intorno ai 3,33 miliardi di euro, nel 2021 questo è aumentato a 4,25 miliardi di euro. La causa dell'aumento è, naturalmente, da individuare nel fatto che nel 2020, l'emergenza pandemica ha decisamente ridotto gli spostamenti delle persone e l'offerta delle prestazioni di tipo ambulatoriale e ospedaliero.
Leggendo il Report sulla mobilità sanitaria del 2021 della Fondazione, salta all'occhio l'enorme differenza del saldo tra le varie regioni italiane. Per 'saldo', si intende la differenza della mobilità attiva. E, cioè, l'attrazione da parte di una Regione nei confronti dei pazienti di un'altra Regione, e quella passiva, e cioè la migrazione sanitaria dei pazienti dalla Regione di provenienza verso una Regione diversa.
Ebbene: secondo questo report, la grande maggioranza della mobilità sanitaria attiva è raccolta dalle regioni del Nord Italia, mentre il 76,9% del saldo passivo grava su cinque regioni dell'Italia Meridionale e Centro-meridionale, e cioè Abruzzo, Campania, Calabria, Lazio, Sicilia e Puglia. L'unica regione del Sud Italia ad avere un saldo positivo, che ha, cioè con una mobilità attiva più alta di quella passiva, è il Molise, mentre regioni come la Campania e la Calabria generano debiti di centinaia di milioni, con un saldo negativo più alto di 200 milioni di euro.
Migrazione sanitaria e malasanità, le parole di Nino Cartabellotta
Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, ha sottolineato che questo dato riflette la grande diseguaglianza tra le varie Regioni e, soprattutto, tra l'Italia settentrionale e meridionale. Una diseguaglianza che ha definito 'frattura strutturale'. Intervistato da TuttoNotizie, Cartabellotta ha parlato in maniera più approfondita della frattura che si è creata nel Servizio Sanitario Nazionale italiano, e ha espresso le sue opinioni in merito. "Su 14 Regioni adempienti ai Livelli Essenziali di Assistenza, solo 3 sono del Sud (Abruzzo, Puglia e Basilicata) e tutte a fondo classifica, mentre la fuga per curarsi verso il Nord vale € 4,25 miliardi. Un fiume di denaro, che scorre prevalentemente da Sud a Nord. L’86% del suo valore, in particolare, riguarda i ricoveri ordinari e in day hospital e le prestazioni di specialistica ambulatoriale", ha spiegato il presidente della Fondazione GIMBE, delineando una situazione decisamente non positiva.
Una situazione ulteriormente aggravata, secondo le parole di Cartabellotta, anche dalla cattiva politica e dalla malasanità. "Il gap Nord-Sud negli ultimi anni si è ampliato sempre di più. Come detto, ormai, è una “frattura strutturale” difficile da colmare. Dopo il 2001, la malapolitica ha generato malasanità con sprechi enormi nelle Regioni del Centro-Sud, anche in conseguenza del fatto che lo Stato era di fatto evanescente. Lo stesso Ministero della Salute per quasi due anni fu abolito", ha detto, riferendosi all'accorpamento del Ministero della Salute nel Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in vigore tra il 2008 e la fine del 2009. Una decisione che, per il presidente della Fondazione GIMBE, non ha arginato il problema della malasanità.
Sanità, le parole di Nino Cartabellotta sul definanziamento del Sistema Sanitario Nazionale
"Poi", ha aggiunto, "a un certo punto, lo Stato smise di ripianare i debiti e le Regioni furono costrette a recuperarli dalle imposte regionali. Dal 2007 divennero infatti operativi Piani di rientro e commissariamenti, strumenti utili a risanare i bilanci, ma che hanno impedito ogni forma di sviluppo organizzativo, anche in conseguenza del progressivo definanziamento del SSN - Servizio Sanitario Nazionale". Definanziamento che, secondo quanto detto da Cartabellotta, ci renderebbe, nel settore sanitario, primi tra i paesi poveri d'Europa.
Ddl Calderoli sull'Autonomia differenziata: l'opinione del Presidente della Fondazione GIMBE
Nella seconda metà del mese di gennaio, il DDL n°615, e cioè il Disegno di Legge del Ministro per gli affari regionali e le autonomie della Repubblica Italiana Roberto Calderoli, è stato approvato dal Senato. La Camera dei deputati dovrà, poi, esaminarlo per l'approvazione definitiva. In breve, tale Disegno di legge, chiamato anche 'Ddl Autonomia', dispone le procedure finalizzate all'attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione italiana. Tra le 23 materie previste dal provvedimento, c'è anche la tutela della Salute.
Al netto dei dati riportati dalla Fondazione GIMBE, però, il presidente Cartabellotta non è d'accordo con tale inclusione. "Il nostro Sistema Sanitario Nazionale è ormai profondamente indebolito e segnato da inaccettabili diseguaglianze regionali. E con l’attuazione delle maggiori autonomie in sanità si legittimerà normativamente la “frattura strutturale” Nord-Sud: il meridione sarà sempre più dipendente dalla sanità del Nord, minando l’uguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute", ci ha spiegato. Per evitare questa legittimazione normativa, secondo quanto sostenuto da quest'ultimo, si dovrebbe espungere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie.
Per Cartabellotta, insomma, l'autonomia differenziata per la gestione dei servizi sanitari di ciascuna regione, rischierebbe "di legittimare normativamente i divari, amplificando le inaccettabili diseguaglianze nell'esigibilità del diritto costituzionale alla tutela della salute". "Ovvio che", aggiunge, "in assenza di investimenti e coraggiose riforme per rilanciare la sanità del Mezzogiorno, la situazione non potrà cambiare".
Il divario si vede anche nella copertura del vaccino anti-COVID
Più recentemente, la Fondazione GIMBE ha pubblicato i dati di un'analisi sulla copertura vaccinale anti-COVID in Italia, tra il primo settembre 2023 e il 15 gennaio 2024, e sulla differenza con gli altri Paesi europei. Lo scorso 26 gennaio, in effetti, l'European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) ha pubblicato un report finalizzato a valutare la copertura vaccinale anti-COVID degli over 60 nei paesi europei, ma sei paesi su 30 non hanno fornito i dati all'ECDC. L'Italia è tra questi sei paesi, insieme all'Austria, alla Croazia, alla Germania, alla Lettonia e alla Svezia.
I dati sono tratti dalla dashboard del Ministero della Salute, che riporta le somministrazioni relative alla campagna vaccinale 2023-2024 effettuate a partire dal 26 settembre 2023, dopo l'introduzione dei nuovi vaccini adattati a Omicron XBB.1.5. Confrontando i dati raccolti con quelli pubblicati dall'ECDC, l'Italia si trova al quattordicesimo posto nella classifica sulla copertura vaccinale delle fasce d'età comprese tra i 60 e i 69 anni (copertura nazionale del 5,7%) e gli 80 e 89 anni (14,4%), mentre è quindicesima nella fascia tra i 70 e i 79 anni (11%).
Analizzando i dati regione per regione, si nota di nuovo un divario tra Centro-Nord e Sud. Considerando la popolazione over 80, ad esempio, più del 20% della popolazione di regioni come la Toscana, l'Emilia-Romagna e la Valle d'Aosta ha effettuato l'ultimo richiamo del vaccino, mentre in regioni come la Campania, la Calabria e la Sicilia non si arriva nemmeno al 5%. "Le Regioni meridionali non solo si trovano al di sotto della media nazionale, ma sono tutte a fondo classifica con coperture vaccinali simili a quelle dei paesi dell’Europa orientale", ci ha spiegato Cartabellotta.
Sanità, i problemi nella campagna vaccinale del Sud Italia per Nino Cartabellotta
"Nonostante il Ministero della Salute avesse da mesi fornito le raccomandazioni e indicazioni per la somministrazione dei richiami negli anziani e nei fragili, al fenomeno della “stanchezza vaccinale” e alla continua disinformazione sull'efficacia e sicurezza dei vaccini si sono aggiunti vari problemi logistico-organizzativi: ritardo nella consegna e distribuzione capillare dei vaccini, insufficiente e tardivo coinvolgimento di farmacie e medici di famiglia, mancata chiamata attiva dei pazienti a rischio, criticità tecniche nei portali web di prenotazione. È evidente che molti di questi problemi dipendono dalle Regioni, soprattutto al Sud dove i servizi sanitari arrancano a tutti i livelli", ha sottolineato il presidente della Fondazione GIMBE, confermando quanto già sostenuto in merito alla mobilità sanitaria.
"Il Ministero della Salute non può limitarsi a pubblicare le circolari con le raccomandazioni per le categorie a rischio: deve esercitare una maggiore capacità di indirizzo e verifica dei risultati ottenuti dalle Regioni in termini di copertura vaccinale. Tra il 2021 e il 2022, ai tempi del Commissario Figliuolo, le differenze regionali erano minime, proprio perché lo Stato fissava gli obiettivi e monitorava i risultati", ha notato. Non usa mezzi termini Cartabellotta, dunque, e l'urgenza deriva dalla situazione emersa dai dati raccolti dalla Fondazione Gimbe.
Cosa bisognerebbe fare e considerazioni finali
Per il presidente GIMBE, infine, servirebbe "una campagna di comunicazione molto più incisiva verso le persone a rischio. E il Governo dovrebbe silenziare una volta per tutte il 'rumore di fondo' di chi alimenta la sfiducia nei vaccini per non perdere il consenso della frangia no-vax".
I dati riportati dalla Fondazione GIMBE non delineano, sicuramente, una situazione positiva per l'Italia meridionale. Almeno, non dal punto di vista della gestione dei Servizi sanitari regionali. È comprensibile che, dunque, sorgano dei dubbi sull'inclusione della Tutela della salute, tra le 23 materie da includere nel decreto sull'autonomia differenziata. Poco c'entrano le opinioni politiche, e l'essere favorevoli o meno all'autonomia differenziata in generale, quando c'è in ballo un argomento così sensibile come la tutela della salute in Italia. Dall'altra parte, però, come evidenziato dallo stesso Cartabellotta, il solo espungere questa materia dal Ddl Calderoli non risolverà, di certo, la questione. Servono interventi ed investimenti mirati, strutturati e lungimiranti per ridurre il divario tra le 'due Italie', e, allo stesso modo, per eliminare il problema della malasanità nelle regioni più colpite del nostro Paese.
Queste sono le parole del Presidente della Fondazione GIMBE Nino Cartabellotta. Ai fini della garanzia del diritto di replica, siamo disposti a intervistare chi volesse commentare questa intervista. Contattate l'autore dell'articolo per ulteriori precisazioni.
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