Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di un nostro lettore che ci scrive per denunciare il trattamento subito nel corso di un colloquio di lavoro per cameriere stagionale
"Ho partecipato a un colloquio di lavoro per una posizione di cameriere stagionale, con la speranza di trovare un impiego dignitoso durante l’estate e mettere da parte qualche risparmio. L’annuncio prometteva un ambiente dinamico, possibilità di crescita e uno stipendio adeguato all’esperienza. La realtà che ho incontrato, però, è stata ben diversa. Durante il colloquio, il titolare del locale ha chiarito fin da subito le sue aspettative. Disponibilità sette giorni su sette, orari spezzati che spaziavano dalla mattina fino a tarda notte. Ma, soprattutto, una retribuzione che, a conti fatti, non raggiungeva neppure i 5 euro all’ora. Sono rimasto sconvolto. Nessun cenno a contratti regolari o ferie pagate, soltanto la promessa vaga di qualche "mancia extra". In quel momento ho realizzato quanto il lavoro stagionale, soprattutto per chi ha poche alternative, venga ancora percepito come manodopera a basso costo, da sfruttare fino all’ultima energia disponibile.
"Durante il confronto con altri candidati, anch’essi giovani in cerca di un’opportunità, ho raccolto testimonianze analoghe. In molti raccontavano turni che superano le 12 ore consecutive, pause inesistenti e richieste continue di straordinari non pagati.
La necessità di un cambiamento: dignità e rispetto per chi lavora come cameriere
"Le normative sul lavoro stagionale vengono frequentemente ignorate o piegate a favore dei datori di lavoro, che approfittano della scarsa esperienza dei giovani e della loro necessità economica. La cultura del "se non accetti tu, c'è la fila fuori dalla porta" alimenta un sistema ingiusto. In cui chi lavora non può far valere i propri diritti per paura di perdere quel poco che ha. Questa situazione non è isolata: basta fare qualche ricerca sui forum di settore o nei gruppi social dedicati per rendersi conto che in molte località turistiche italiane, dal mare alla montagna, le dinamiche sono identiche".
"È evidente che serve un cambiamento radicale nel modo in cui il lavoro stagionale viene gestito e retribuito. Non si può pensare di costruire un turismo di qualità sulla base dello sfruttamento di giovani lavoratori malpagati e privi di tutele. Servirebbe una maggiore vigilanza da parte degli organi ispettivi. Ma anche l’applicazione rigorosa dei contratti collettivi nazionali e, soprattutto, un cambio culturale da parte degli imprenditori del settore. I giovani non devono essere visti come manodopera usa e getta, ma come risorse che meritano rispetto e una giusta remunerazione. Raccontare queste esperienze è il primo passo per rompere il silenzio e far emergere una realtà che troppi preferiscono ignorare. Solo così si può costruire un futuro lavorativo più equo, dove chi lavora con passione e dedizione venga riconosciuto non solo con le parole, ma anche nei fatti".