Su RaiPlay c'è un film da vedere subito con Cristiana Capotondi: una storia vera che lascia il segno e che difficilmente dimenticherete.
Ci sono storie che fanno male e altre che bruciano dentro, che ti si attaccano addosso e ti obbligano a guardare in faccia una realtà scomoda. “Io ci sono” è una di queste, ma è anche una storia di riscatto, forza e rinascita. Un film che non si limita a raccontare una tragedia personale, ma che diventa un grido collettivo contro la violenza sulle donne. Oggi, rivederlo su RaiPlay gratuitamente è un atto necessario. Non solo per ricordare, ma per capire.
Su RaiPlay la magnetica Cristiana Capotondi: la storia vera che colpì l'Italia
Il 16 aprile 2013 la vita dell’avvocata Lucia Annibali cambia per sempre. Rientrando a casa, viene aggredita con l’acido da un uomo incappucciato. Il volto sfigurato, il dolore fisico, la paura, l’umiliazione. Dietro quell’attacco non c’è un estraneo, ma la mano codarda del suo ex compagno, Luca Varani, che ha assoldato due sicari per distruggerla. Una vendetta folle, pianificata, sintomo di un amore malato. Un “non amore”, come lo definisce lei stessa nel libro autobiografico da cui il film prende spunto.

“Io ci sono”, diretto da Luciano Manuzzi e con una straordinaria Cristiana Capotondi nei panni della protagonista, non indulge mai nel pietismo. Il film, inoltre, non cerca scorciatoie emotive. Affronta la vicenda con realismo, pudore e coraggio. Racconta, attraverso una struttura a flashback, il prima e il dopo. Mostra la relazione tossica tra Lucia e Luca Varani, fatta di manipolazione, controllo, umiliazioni. Una spirale emotiva da cui è difficile uscire. E poi il dopo: la sofferenza, gli interventi chirurgici, la riabilitazione fisica ed emotiva. Ma soprattutto, la rinascita.
La Capotondi offre una delle sue prove più intense e mature. Il dolore è sempre contenuto, ma palpabile. Ogni gesto, ogni sguardo, racconta la ferita, ma anche la forza di una donna che sceglie di non piegarsi. Non imita Lucia Annibali, la incarna. E il risultato è un personaggio credibile, profondo, che resta impresso. Accanto a lei, Alessandro Averone dà corpo a un Varani inquietante, disturbante, mai caricaturale. Un uomo che rappresenta un tipo di violenza più diffuso di quanto si voglia ammettere: quella psicologica, silenziosa, subdola.
Una visione che lascia il segno
Il film non è facile da guardare e non vuole esserlo, ma è proprio per questo che va visto. Mette, infatti, a nudo un sistema culturale che ancora troppo spesso giustifica, minimizza o ignora la violenza sulle donne. Racconta la solitudine delle vittime, le difficoltà nel farsi credere, la fatica del processo di guarigione. E allo stesso tempo, mostra come si possa trovare la forza di reagire. Non c’è retorica, ma consapevolezza. Non c’è solo dolore, ma anche una luce possibile.
Lucia Annibali non si è mai nascosta. Dopo l’aggressione, ha scelto di esporsi, di raccontare, di lottare. È diventata un simbolo, una voce per tutte quelle donne che non riescono ancora a denunciare, a liberarsi. “Io ci sono” è il titolo perfetto: affermazione di esistenza, di presenza, di identità. Un “ci sono” che diventa resistenza e testimonianza. Il film, nel suo linguaggio asciutto ma empatico, riesce a rendere pienamente questa dimensione.