Veneto, la lettera di un ristoratore: offro lavoro ma i colloqui finiscono sempre nello stesso modo

Ristoratore veneto denuncia: “Offro lavoro ma nessuno lo vuole fare. I giovani non sono più disposti a sacrificarsi

Riceviamo e pubblichiamo l'appello di un ristoratore dal Veneto: cerca personale, ma i colloqui si concludono sempre con un nulla di fatto.
"Scrivo questa lettera con frustrazione, ma anche con il desiderio di far capire cosa accade dietro le quinte di un ristorante oggi", così inizia lo sfogo di un ristoratore veneto che ha chiesto l’anonimato. "Gestisco un locale a conduzione familiare da oltre vent’anni. Negli ultimi mesi sto cercando camerieri, anche senza esperienza, ma la risposta è scoraggiante". Il titolare spiega che le difficoltà non stanno nel numero di candidature, quanto piuttosto nella mentalità di chi si presenta ai colloqui: "Arrivano giovani, spesso educati e volenterosi, ma appena si tocca il tema degli orari, cambiano espressione. “Non posso lavorare la sera”, “Preferirei evitare il weekend”, oppure “Sto cercando qualcosa con orari più flessibili”". A detta del ristoratore, sembra che oggi "fare sacrifici" non rientri più nel vocabolario di chi cerca lavoro, soprattutto nelle nuove generazioni. Eppure, sottolinea, le condizioni sono chiare: contratto regolare, paga in linea con il mercato e possibilità di crescita. "Ma non basta".

offro lavoro

La crisi del personale nella ristorazione

Il caso non è isolato. Da tempo, in Italia, molte attività nel settore della ristorazione  denunciano una carenza strutturale di manodopera. E mentre si discute di retribuzioni, orari e tutele, ci sono ristoratori che affermano di aver fatto la loro parte. "Non cerco uno schiavo. Cerco un cameriere disposto a lavorare in un contesto serio, con rispetto reciproco. Ma l’idea stessa di lavorare la sera viene vista come un affronto", scrive ancora. La sua amarezza traspare quando racconta dei colloqui: "Alla domanda 'Sai che qui si lavora anche il sabato sera?', in tanti mi rispondono che il weekend è sacro. Ma nel nostro mestiere, i giorni di festa sono quelli in cui si lavora di più. È sempre stato così". Il ristoratore si dice consapevole che i tempi sono cambiati, ma insiste: "Il cambiamento non può tradursi in rifiuto totale del sacrificio". Per lui, il vero problema non è l’assenza di manodopera, ma l’assenza di disponibilità.

Generazioni a confronto e un futuro incerto

Il confronto generazionale è il nodo centrale della riflessione. Il ristoratore non generalizza, ma sottolinea una tendenza: "Una volta si imparava un mestiere sul campo. Si facevano turni lunghi, si prendevano batoste, ma si usciva con un bagaglio prezioso. Oggi tutto questo sembra inaccettabile. I ragazzi vogliono orari da ufficio e weekend liberi, anche nella ristorazione". Secondo lui, è anche colpa della narrazione dominante: "Si parla sempre dei lavori creativi, dei content creator, dei lavori da remoto. Nessuno racconta più la dignità di servire ai tavoli con professionalità".