Una nota esperta di diritto rivela due cose fondamentali da sapere per chi svolge o deve svolgere prestazioni di lavoro notturno.
Il lavoro notturno in Italia è regolato dal Decreto Legislativo 66/2003, che recepisce le direttive europee in materia. La normativa definisce il periodo notturno come un arco di almeno sette ore consecutive, che deve includere l’intervallo tra mezzanotte e le cinque del mattino. Un lavoratore è considerato notturno se svolge almeno tre ore del suo turno abituale in questa fascia oraria o se, nell’arco dell’anno, effettua almeno 80 turni notturni. La legge prevede alcune tutele specifiche, come il divieto di impiegare in turni notturni le donne in gravidanza e fino al compimento di un anno di età del figlio. Dal punto di vista economico, il lavoro notturno garantisce una maggiorazione della retribuzione, che varia a seconda del contratto collettivo applicato.
Ad esempio, nel settore del commercio l'aumento è del 15% tra le 22:00 e le 6:00, mentre nel turismo sale al 25% dalle 24:00 alle 6:00. Per i metalmeccanici, la maggiorazione è del 20% fino alle 22:00 e del 30% oltre questo orario. Questi incrementi servono a compensare i disagi e i rischi legati al lavoro in orari poco convenzionali. Oltre all’aspetto economico, bisogna considerare le ripercussioni sulla salute. Lavorare di notte altera il ritmo circadiano e può provocare disturbi del sonno, problemi digestivi e stress. A lungo termine, il rischio di malattie cardiovascolari e oncologiche potrebbe anche aumentare. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha, in effetti, classificato il lavoro a turni notturni come probabilmente cancerogeno per l’uomo. Per ridurre questi rischi, la legge prevede controlli sanitari periodici almeno ogni due anni. Inoltre, i datori di lavoro devono adottare misure per proteggere la salute dei dipendenti, garantendo un ambiente di lavoro sicuro e condizioni adeguate.
Lavoro notturno: ecco chi non può farlo e chi può rifiutarsi di farlo
Ci sono due cose, che spesso i lavoratori ignorano, ma che è fondamentale sapere sul lavoro notturno. A parlarne, è stata una nota esperta di diritto, l'avvocato Wanda Falco. In particolare, l'esperta ha spiegato che esiste un divieto assoluto di adibizione al lavoro notturno per le donne in gravidanza, che va dall'accertamento dello stato di gravidanza al compimento di un anno di età del bambino. Ci sono, poi, alcune categorie di lavoratori che sono autorizzate a chiedere liberamente di non svolgere il lavoro notturno.
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Si tratta, in particolare, delle lavoratrici madri di un bambino d'età non superiore a tre anni, o in alternativa i lavoratori padri, conviventi con le stesse. E ancora, la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unica affidataria o affidatario di un figlio d'età non superiore a dodici anni, ma anche il padre o la madre adottivi o affidatari, nei primi tre anni dall'ingresso del figlio in famiglia, e non oltre il dodicesimo anno d'età. Infine, anche la lavoratrice o il lavoratore che abbiano a proprio carico una persona con disabilità. Tutti questi possono rifiutare di prestare lavoro notturno, chiedendo di esserne esonerati senza avere ripercussioni.
