Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di un nostro lettore dalla Liguria: cosa è accaduto al colloquio di lavoro a cui si era presentato, con tanto di curriculum
"Ho deciso di scrivervi per condividere un’esperienza che mi ha lasciato senza parole. So che vi occupate spesso di lavoro e delle difficoltà che i giovani affrontano nel trovare un’occupazione dignitosa. Ebbene, lasciatemi raccontare il mio ultimo colloquio di lavoro, un’esperienza che definire tremenda sarebbe un eufemismo. Tutto è iniziato con una candidatura per una posizione di addetto alla comunicazione in una piccola azienda di Genova. Dopo settimane di attesa, finalmente ricevo una chiamata: vogliono conoscermi. Entusiasta, preparo tutto nei minimi dettagli, ripasso il mio curriculum, studio l’azienda, immagino domande e risposte. Insomma, mi presento al colloquio con l’entusiasmo e la serietà di chi vuole davvero lavorare.
Appena arrivo, però, mi accorgo che qualcosa non quadra. L’ambiente è teso, la segretaria mi guarda con un misto di pietà e divertimento. Mi fanno accomodare in una sala spoglia e, dopo un’attesa di venti minuti, arriva il selezionatore, un uomo sulla cinquantina con l’aria scocciata".
"La prima domanda mi lascia di stucco: “Scusi, ma lei chi è?”. Penso a uno scherzo. Mi presento, e gli dico che ho inviato il mio curriculum per la posizione di addetto alla comunicazione. Mi interrompe con un sorriso beffardo: “Ah, quindi qualcuno l’ha letto.” Inizio a sentirmi a disagio. A quel punto, prende il mio curriculum dal tavolo e lo scorre con espressione sempre più infastidita. Poi, senza preavviso, lo strappa in due e lo getta nel cestino".
"Ha strappato in due il mio curriculum"
"Resto a bocca aperta e gli chiedo spiegazioni. Lui si appoggia allo schienale della sedia e, con aria sprezzante, risponde: “Lei ha studiato lettere. Noi cerchiamo qualcuno con una laurea in marketing o economia. Non ci serve un poeta”. Provo a spiegare che, nonostante il mio percorso accademico, ho frequentato corsi professionali specifici sulla comunicazione e ho maturato esperienza pratica nel settore. Ma non mi lascia finire: “Se avesse avuto il titolo giusto, l’avremmo considerata. I corsi per noi non contano nulla.”
A quel punto capisco che il colloquio è finito ancora prima di iniziare. Mi alzo, lo ringrazio (per modo di dire) e me ne vado con un mix di rabbia e incredulità".
"Esco da lì frustrato, umiliato e arrabbiato. Ma soprattutto, mi chiedo: come è possibile che si venga scartati così, senza nemmeno guardare le competenze reali? Possibile che nel 2025 i giovani debbano ancora subire prese in giro simili pur di trovare un lavoro? Possibile che un’azienda consideri normale cestinare il curriculum di qualcuno solo per il titolo di studio, ignorando completamente la preparazione pratica? Scrivo a voi perché non voglio che questa storia resti solo una brutta esperienza personale. Voglio che si sappia che ci sono ancora aziende che trattano i candidati come numeri, o peggio, come scarti se non rientrano nei loro rigidi schemi. Se questa è la realtà del mondo del lavoro, io non ci sto".
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