Lombardia, colloquio di lavoro "da Medioevo: cosa mi ha detto il capo appena mi ha vista arrivare"

La testimonianza di una nostra lettrice dalla Lombardia: ci racconta la sua esperienza in un colloquio di lavoro, iniziato male sin da subito

"Scrivo questa lettera con l'intento di condividere una delle esperienze più spiacevoli della mia vita, nella speranza che possa servire a sensibilizzare i lettori sul tema del sessismo nel mondo del lavoro, un problema ancora troppo radicato nella nostra società. Qualche settimana fa, mi sono presentata a un colloquio di lavoro in un'azienda qui in Lombardia. Avevo studiato tutto: il profilo dell'azienda, le mansioni richieste, e perfino il percorso del fondatore. Volevo dimostrare che non solo ero competente, ma anche motivata e ben preparata. Indossavo un completo sobrio, con la speranza di trasmettere professionalità. Ma nulla di questo è servito a proteggermi da ciò che sarebbe successo. Appena sono entrata nella sala del colloquio, il responsabile delle risorse umane, che era anche il direttore dell'azienda, mi ha squadrata dalla testa ai piedi e, con un sorrisetto sarcastico, ha esordito dicendo: Non mi aspettavo che il curriculum fosse accompagnato da un bel sorriso. Vediamo se è altrettanto brillante nel lavoro”.

"Mi sono sentita ghiacciare. Quella frase, pronunciata con leggerezza e con il tono di una battuta, aveva già sminuito tutto il mio percorso accademico e professionale, riducendomi a un sorriso e a un aspetto fisico. Ho provato a mantenere la calma, dicendo che preferivo parlare delle mie competenze, ma il resto del colloquio è stato una continua discesa nel ridicolo. Mi sono state rivolte domande che nulla avevano a che fare con il ruolo per cui avevo fatto domanda: “Le piace lavorare fino a tardi, o ha il fidanzato che si arrabbia? e “Non si sentirà troppo sotto pressione in un ambiente prevalentemente maschile?”.

colloquio di lavoro

"Un colloquio di lavoro da Medioevo"

"Un colloquio di lavoro da Medioevo. Sono uscita da quella stanza mortificata, ma soprattutto arrabbiata. Non solo per me, ma per tutte le donne che ogni giorno si trovano a dover affrontare situazioni simili. Perché ancora oggi, nel 2025, battute e atteggiamenti sessisti vengono liquidati come semplice ironia? Perché dobbiamo ancora sentirci giudicate più per il nostro aspetto che per la nostra preparazione? Vorrei che le mie parole arrivassero a tutte le donne che, come me, si sono sentite svilite in un momento cruciale della loro carriera. Ma vorrei che arrivasse anche agli uomini, soprattutto a quelli che rivestono posizioni di potere. Le parole hanno un peso, e le battute che possono sembrare innocue non lo sono affatto. Esse perpetuano una cultura che sminuisce il valore delle donne e che ostacola il cammino verso una reale parità di generi. Il mio appello è semplice: smettiamola di accettare il sessismo come normalità. Non è una battuta, non è leggerezza. È una ferita che si riapre ogni volta e che ci allontana da un futuro equo".

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