Scampia, l'inferno dei soccorsi: le bimbe prese da sotto le macerie "insanguinate e piene di calcinacci"

La tragedia del crollo nella Vela Celeste di Scampia raccontato da una delle infermiere dell'ospedale che ha assistito le bambine rimaste ferite

Una ferita grandissima nel cuore di Napoli, dopo la quale, di sicuro, almeno il quartiere Scampia, non sarà più lo stesso. Il crollo improvviso di un ballatoio nella Vela Celeste del quartiere a nord di Napoli ha provocato la morte di 3 persone, e il ferimento di decine di altri residenti dell'edificio. Mentre la città prega per le 7 bambine ricoverate all'ospedale Santobono Pausilipon, due delle quali in gravi condizioni, sono altre le due persone che lottano tra la vita e la morte. Ieri, il bollettino delle vittime si è allungato: non ce l'ha fatta Patrizia Della Ragione, 53enne madre della prima vittima, Roberto Abbruzzo, morto insieme alla 35enne Margherita Della Ragione.

E mentre il Comune e le forze dell'ordine provano a fare luce sull'accaduto, gli abitanti della Vela in cui è avvenuta la disgrazia si trovano dislocati tra la sede dell'Università di Scampia e alloggi di fortuna.
In queste ore di rabbia e speranza, ci è giunto il resoconto di un'infermiera del Santobono che si è trovata nell'inferno dei soccorsi alle bimbe, arrivate all'ospedale ferite e spaventate. Il racconto, riportato dall'associazione Nessuno Tocchi Ippocrate, è particolarmente toccante.

Crollo a Scampia, il racconto di un'infermiera: "Mai sentita così inerme" 

Federica racconta di una serata iniziata come tante altre, interrotta, poco dopo le dieci, dal clacson di una macchina "che arriva all’impazzata". “Codice rosso, codice rosso, è caduto un ballatoio della vela celeste. Ci stanno un sacco di bambini” urlano i due uomini che portavano le due bambine", racconta l'infermiera. La scena che si trova davanti è disarmante: "Le guardiamo in volto, sporche di terra e calcinacci, lacrime e sangue, la paura negli occhi". La macchina dei soccorsi si attiva immediatamente. Lei e la collega di turno chiamano all'istante tutti i colleghi dell'ospedale, che in massa si riversano al Pronto soccorso per dare una mano.

"Mi giro verso uno dei due uomini che avevano portato le bambine:Papà vieni con me, dimmi come si chiamano così le registriamo”. Il mio sangue si è gelato e un brivido ha trapassato il mio corpo: “Io non sono il padre, non so nemmeno chi sono, le abbiamo prese da sotto le macerie, ce ne stanno altri, non so nemmeno se i genitori sono vivi”. Intanto arriva un’altra macchina, con a bordo altre pazienti.

"Mai in cinque anni di pronto soccorso mi sono sentita più persa, più inerme, più vuota"

Da Scampia arriva quindi una nuova bambina gravemente ferita: "Il suo femore era totalmente staccato dal bacino, un frammento era quasi esposto", racconta la donna. Intorno a lei ci sono sette bambine "terrorizzate, sporche, bagnate, insanguinate. Mai in cinque anni di pronto soccorso mi sono sentita più persa, più inerme, più vuota. Non dimenticherò mai quei volti ricoperti di paura, le lacrime, lo shock sul viso", prosegue.
L'identità delle piccole era in un primo momento sconosciuta, per cui i medici e gli infermieri disegnano sui loro petti dei numeri, per distinguerle.
In un attimo, il Pronto soccorso si popola di decine di medici e infermieri, alcuni accorsi anche da casa per dare una mano, comprese "le guardie giurate che avevano finito il turno, le ho viste trattenersi oltre l’orario a pulire le bambine dai calcinacci e a spostare le barelle per fare spazio".

Scampia nel cuore

L'associazione in difesa dei camici bianchi, Nessuno Tocchi Ippocrate ha dato via a una campagna social intitolata 'Scampia nel cuore', "affinché la tragedia di Scampia resti nella nostra memoria nel nostro cuore e nelle priorità delle istituzioni". L'obiettivo comune, ora, è prestare aiuto alle persone rimaste vittima di questa situazione, e continuare a sottolineare la gravità della situazione anche una volta che il clamore intorno alla vicenda si sarà spento.

 

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