Resta incastrata nella fustellatrice, la tremenda morte di Laila: aveva 33 anni

La tragedia in provincia di Modena: la vittima si chiamava Laila El Harim. Aveva 33 anni ed era di origini marocchine: la donna è rimasta schiacciata nella fustellatrice, il macchinario su cui lavorava. Tre anni e 6 mesi di carcere al responsabile della sicurezza dell'azienda in cui si è consumata la tragedia

Si è conclusa con una condanna a 3 anni e sei mesi di carcere il processo relativo alla tremenda fine di Laila El Harim, 33enne di origini marocchine rimasta uccisa in un tremendo incidente sul luogo di lavoro. Una morte bianca per la quale è stato condannato alla reclusione Jacopo Setti, anche lui 33 anni, responsabile della sicurezza della ditta Bombonette S.p.A.

Oltre al carcere, il giudice del Tribunale di Modena, Natalina Pischedda ha stabilito anche il risarcimento di tutte le spese processuali, e una sanzione pecuniaria di 250mila euro inflitta all’azienda. 

Incastrata e schiacciata nella fustellatrice: Laila muore a 33 anni sul lavoro

Laila El Harim è deceduta il 3 agosto 2021. Marocchina ma residente a Bastiglia (provincia di Modena) da tanti anni, quel giorno era regolarmente in servizio presso l’azienda di packaging di Camposanto. La macchina su cui lavorava, una fustellatrice, era estremamente pericolosa. Lei stessa avrebbe più volte segnato i rischi legati allo stretto contatto degli operai con quel macchinario che si è rivelato, infine, per lei mortale. La donna è rimasta incastrata e schiacciata al suo interno. Inutili i soccorsi: troppo gravi le ferite riportate dalla 33enne, deceduta quasi sul colpo.

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Laila El Harim, 33 anni

Oltre a Setti, condannato a 3 anni e 6 mesi di carcere, l’altro indagato risultava essere Fiano Setti, nonno dell’imputato, e fondatore della società. L’uomo, però, è deceduto prima della sentenza finale. Il reato è quello di omicidio colposo, in concorso con l’aggravante di essere stato commesso con la violazione delle norme antinfortunistiche.

Gli inquirenti avevano infatti accertato come non solo non fosse stato preso in considerazione il pericolo di contatto dei lavoratori con gli organi in movimento durante l’uso di questi macchinari. Ma, inoltre, le indagini hanno scoperto che per trarre maggior profitto dall’operato dei dipendenti, nelle fustellatrici erano stati fatti installare dei pareggiatori regolabili manualmente, anziché la prevista protezione statica fissa. In questo modo, quindi, la macchina si poteva avviare anche in presenza di un operatore al suo interno.

Lacune sono inoltre state riscontrate sul fronte della formazione: Laila non aveva seguito alcun corso di legge, né era stata istruita adeguatamente sull’utilizzo della macchina. Soddisfazione è stata espressa dalla dott.ssa Sara Donati, Area Manager per l’Emilia Romagna di Studio3A, che ha assistito i familiari della vittima, insieme all’avvocato Dario Eugeni, del foro di Bologna. “Sentenza per certi versi esemplare”, commenta Donati.