Abruzzo, panettiere di Chieti intervistato a Canale 5 interviene su un dibattito relativo al mondo del lavoro. La sua riflessione a Mattino Cinque
Generalizzare non è mai un buon modo per portare avanti una discussione, un dibattito costruttivo. Argomentare, vagliare più opzioni, analizzare le diverse sfumature che tutti i temi hanno, aiuta, al contrario, ad avere una visione molto più ampia e sfaccettata di quell’argomento. Banalizzando il quale, si rischia ad arrivare a conclusioni affrettate e, quindi, errate. E’ il caso della discussione che in Italia si prova, in maniera spesso lacunosa, a portare avanti sul tema del lavoro. L’espressione più abusata è sempre quella: “I giovani di oggi non hanno voglia di lavorare”.
Non è, forse, il momento di capire meglio cosa c'è dietro la crisi del personale per molte aziende, e cosa spiega la rinuncia a tanti lavori, specie manuali, da parte delle nuove generazioni? Non è, forse, un po’ riduttivo e semplicistico ricondurre tutti i mali al reddito di cittadinanza? Nonostante il governo Meloni abbia abolito la misura voluta dai Cinque Stelle, non si è ancora registrata quell’impennata di ricerca di occupazione o di assunzioni che qualcuno, forse, si aspettava. E il motivo, qual è?
Abruzzo, panettiere cerca collaboratori: “Vogliono tutti una paga alta”
Una riflessione tanto apolitica quanto semplice ed efficace, l’ha offerta questa mattina Vinceslao, panettiere di Chieti, intervistato in diretta tv a Mattino Cinque. L’uomo, come tanti nel suo settore, lamenta un problema: mancanza di personale. "Non riesco a trovare collaboratori per l'estate. Quest’anno sono stato fortunato, perché ho ritrovato un ragazzo che era con me 20 anni fa”.
Vinceslao usa questa parola, ‘ragazzo’, che fa sorridere Vecchi e il suo inviato. Ma il fornaio, probabilmente, non si riferiva all’età anagrafica della persona. Il ‘ragazzo’, in un lavoro manuale come quello del fornaio, è il collaboratore, quello che si è formato, che è entrato a far parte dell’attività in più giovane età (quando era, appunto, un ragazzo), fino poi ad apprendere il lavoro alla perfezione. Ma, per quanto gli anni passino, per il fornaio, oggi più in là con l’età, che anni prima lo aveva accolto, resterà sempre il ragazzo. In quanto garzone, apprendista, ecco.
In tutti i casi, quel ragazzo a cui fa riferimento Vinceslao “ora ha 52 anni: è cresciuto nel mio panificio”, spiega l'uomo. Una domanda dallo studio posta da Vecchi: “Forse la vostra era una generazione più strutturata?”. Sì, annuisce il fornaio, “perché è stata abituata a lavorare in quel modo, anche da parte dei genitori, a quei tempi. Oggi c’è difficoltà, i tempi sono cambiati, non so come spiegarlo. Molti prendono in considerazione il lavoro notturno perché vogliono una paga alta. Ma per noi fornai è difficile partire da una paga alta, quando abbiamo bisogno di manodopera di eccellenza, di ragazzi che devono essere formati”. Il suo ragazzo, appunto, si è formato nel suo magazzino partendo da una paga bassa: oggi che è padrone di quel mestiere, “può fare qualsiasi cosa”.
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