Un noto farmacista sfata un mito comune sull’antibiotico: non conviene prenderlo insieme ai fermenti lattici. Ecco per quale motivo e qual è l’effetto del medicinale in questo caso.
Gli antibiotici rappresentano una delle scoperte più importanti della medicina moderna, poiché consentono di trattare e prevenire le infezioni provocate dai batteri. La loro azione può essere battericida, quando eliminano direttamente i microrganismi, oppure batteriostatica, quando ne bloccano la crescita e la moltiplicazione. Non hanno alcun effetto sui virus, per questo risultano inutili contro influenza, raffreddore e altre infezioni virali. La classificazione di questi farmaci avviene secondo la struttura chimica, lo spettro d’azione e il meccanismo con cui interferiscono nei processi vitali del batterio. Alcuni antibiotici agiscono su una vasta gamma di specie, mentre altri risultano efficaci solo contro ceppi specifici.
I loro principali bersagli sono la parete e la membrana cellulare, la sintesi delle proteine e quella degli acidi nucleici. Bloccando tali funzioni essenziali, il batterio viene neutralizzato o eliminato. L’uso di questi farmaci deve sempre avvenire sotto prescrizione medica, rispettando dosaggi e durata della terapia. Un impiego scorretto o eccessivo favorisce la resistenza batterica, fenomeno che riduce l’efficacia delle cure future e costituisce una minaccia concreta per la salute pubblica. L’abitudine a interrompere prematuramente un trattamento o a utilizzarlo senza indicazione clinica contribuisce ad amplificare questo problema.
Antibiotico, ecco il mito sfatato dal farmacista: “Non prendetelo con i fermenti lattici”
Tra le conseguenze più comuni dell’assunzione degli antibiotici, ci sono i problemi di natura gastrica. Gli antibiotici possono, infatti, provocare disturbi gastrici come acidità, bruciore, nausea, pesantezza e, in alcuni casi, reflusso. La comparsa varia in base al tipo di farmaco, alla predisposizione individuale e alla presenza di eventuali patologie gastriche pregresse. L’origine principale di questi sintomi è l’alterazione della flora intestinale, poiché insieme ai batteri dannosi vengono eliminati anche quelli utili, compromettendo digestione e protezione della mucosa.
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Per evitare questi problemi, vengono spesso consigliati i fermenti lattici, ma questi potrebbero essere meno efficaci di quanto si pensa. Come rivelato dal dottor Giacomo, noto come il Socialmente farmacista, infatti, l’antibiotico non è in grado di distinguere i batteri patogeni da quelli utili, indispensabili per la salute dell’intestino. Questo spiega perché i comuni fermenti probiotici batterici, se assunti durante la terapia, vengano facilmente inattivati dallo stesso farmaco che dovrebbe curare l’infezione. La loro efficacia, dunque, risulta spesso ridotta proprio nei momenti in cui sarebbero più necessari.
I probiotici di natura fungina
Per ovviare a questo limite, rivela l’esperto, esistono probiotici di natura fungina, come il Saccharomyces boulardii, che non vengono colpiti dagli antibiotici. Questo microrganismo, infatti, agisce positivamente sull’intestino senza subire gli effetti dei farmaci, poiché gli antibiotici eliminano i batteri e non i funghi. L’assunzione di tali probiotici può rivelarsi utile sia durante la fase acuta, con un dosaggio da uno a tre capsule al giorno, sia nei giorni successivi alla terapia per ridurre il rischio di disturbi intestinali persistenti, con il dosaggio di una sola capsula al giorno. In questo modo, il supporto probiotico diventa realmente efficace, proteggendo l’equilibrio della flora e contribuendo a limitare gli effetti collaterali più fastidiosi degli antibiotici.
