I proprietari dei lidi o stabilimenti balneari possono decidere di vietare l’ingresso ai bambini nella loro porzione di spiaggia? La risposta e la spiegazione dell’esperto.
Gli stabilimenti balneari rappresentano una parte rilevante dell’offerta turistica italiana, poiché uniscono accoglienza, sicurezza e servizi su tratti di litorale concessi dallo Stato. La loro apertura richiede il rilascio di una concessione demaniale marittima, che autorizza l’occupazione di un’area pubblica, oltre al nullaosta del Comune. L’iter prevede la presentazione di un’apposita domanda corredata da marca da bollo e documentazione sui requisiti urbanistici, edilizi e igienico-sanitari. La procedura coinvolge anche la Camera di Commercio e i controlli di Comune e ASL, con tempi generalmente contenuti entro trenta giorni, salvo necessità di integrazioni o sopralluoghi. Una volta attivati, gli stabilimenti devono rispettare un complesso quadro normativo nazionale, regionale e comunale. Le regole riguardano la sicurezza, l’igiene, l’impatto ambientale, l’accessibilità, la somministrazione di alimenti e bevande e i limiti di rumorosità.
Le attrezzature come ombrelloni e lettini devono essere collocate garantendo spazi adeguati alla circolazione dei bagnanti e ai soccorsi. Fondamentale è la presenza di bagnini e dotazioni di primo soccorso durante la stagione estiva, mentre resta inderogabile il principio del libero accesso alla battigia, che non può mai essere privatizzata. Ulteriori disposizioni possono imporre percorsi e servizi dedicati alle persone con disabilità, la costante pulizia delle aree comuni, una corretta gestione dei rifiuti e il rispetto dei limiti acustici fissati dai regolamenti.
Stabilimenti balneari: è possibile vietare l’ingresso ai bambini? Ecco la risposta dell’esperto
A proposito delle cose che i gestori degli stabilimenti balneari possono o non possono fare, in questi giorni si discute dell’esistenza della facoltà di impedire l’ingresso a una determinata categoria di persone, e in particolare ai bambini. La legge, insomma, permette ai gestori dei lidi di selezionare chi far accedere e chi, invece, non far entrare? A rispondere a questa domanda, è stato un noto esperto di tutela dei consumatori, e cioè l’avvocato Massimiliano Dona. Il presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, in particolare, ha spiegato che il TULPS – Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, all’articolo 187, stabilisce che gli esercenti non possono rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo, salvo che vi sia un motivo legittimo e nel rispetto di quanto previsto dal codice penale.

Ciò significa che, al di fuori dei casi tassativamente indicati dalla legge, come il divieto di somministrare alcolici ai minori, non è consentito ai gestori di vietare arbitrariamente l’accesso a determinate categorie di persone. In particolare, un lido balneare non può impedire l’ingresso ai bambini se non esiste un fondato e legittimo motivo, perché ciò costituirebbe una violazione dei diritti dei consumatori e dei principi che regolano l’attività degli esercizi pubblici. Le uniche eccezioni riguardano i luoghi di pubblico spettacolo e intrattenimento, che seguono, invece, regole differenti. La legge, dunque, garantisce che chiunque abbia diritto a fruire di un servizio pagando il corrispettivo richiesto non possa subire discriminazioni ingiustificate. Impedire l’accesso senza una valida ragione non solo è contrario al dettato normativo, ma espone i gestori anche a possibili conseguenze sanzionatorie.
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