Il datore di lavoro ha la facoltà di controllare la borsa e l’armadietto del suo dipendente, oppure non può farlo? La risposta dell’avvocato è chiara, e non piacerà a tutti.
La privacy sul lavoro è un diritto tutelato dal diritto italiano e dal Regolamento europeo. Il datore di lavoro può trattare solo i dati necessari al rapporto professionale e deve rispettare criteri di correttezza, trasparenza e sicurezza. La tutela si applica in diverse situazioni, dal trattamento dei dati personali alla gestione dei controlli sugli strumenti aziendali, fino all’uso di telecamere, consentito solo con finalità specifiche e senza ledere la dignità dei lavoratori. Rientrano nella sfera protetta i dati sensibili, come quelli sanitari o sindacali, e anche le informazioni di carattere economico. Le verifiche sugli strumenti informatici e sui dispositivi aziendali sono possibili, ma richiedono sempre una comunicazione preventiva e motivata. Anche nei rapporti interni deve essere garantito il rispetto della riservatezza, evitando che informazioni personali vengano diffuse tra colleghi senza giustificazione.
Un punto particolarmente delicato riguarda le perquisizioni. La legge vieta al datore qualsiasi controllo sul corpo del dipendente. Questo non è ammesso su abiti intimi o parti del corpo. Un’ispezione corporale diretta sarebbe sempre illegittima se non effettuata dalle Forze dell’Ordine, e solo nei casi previsti dalla legge. Ma si può dire lo stesso anche sulla perquisizione delle borse e degli armadietti?
Lavoro, il datore può perquisirti la borsa e l’armadietto: la rivelazione dell’avvocato
In questo caso, la situazione è più spinosa, in quanto la perquisizione di borsa, zaino e portafoglio, nonché dell’armadietto dell’ufficio, non sono catalogabili come perquisizioni corporali. L’avvocato Silvia Pettineo, esperta del diritto del lavoro, ha, in effetti, rivelato che, secondo il più recente ordinamento giurisprudenziale, né la borsa, né gli altri oggetti citati, sono considerabili come appendici del corpo. Pertanto, se c’è il sospetto di un furto, il datore non ha bisogno di una preventiva autorizzazione per perquisirli. La stessa cosa si verifica per quanto riguarda gli armadietti, e a maggior ragione: questi, infatti, sono proprietà dell’azienda, anche se vengono utilizzati dai dipendenti.

Il datore di lavoro può, però, controllare borse e armadietti solo in presenza di esigenze concrete di tutela del patrimonio aziendale. I controlli devono avvenire con criteri oggettivi e casuali, per evitare discriminazioni, e in modo rispettoso della dignità dei dipendenti. Non serve accordo sindacale, ma resta, ovviamente necessario garantire trasparenza, informare i lavoratori e vietare controlli indiscriminati privi di reale giustificazione. La disciplina sulla privacy in azienda mira, in questo modo, a conciliare il potere organizzativo e di vigilanza del datore con la salvaguardia della dignità e dell’integrità personale del lavoratore. Il confine invalicabile resta la sfera privata, che non può essere sacrificata neppure in nome della tutela del patrimonio aziendale: per questo, solo le forze dell’ordine potranno eseguire perquisizioni corporali, ma il datore ha la possibilità di controllare punti che non fanno parte del corpo del dipendente.