Giffoni 55, Paolo Sorrentino e il blocco creativo: "L'ho superato con bugie e fantasia"

Paolo Sorrentino al Giffoni Film Festival parla del suo blocco creativo e poi svela: “La creatività è figlia della bugia, non della verità”.

Giffoni, 23 luglio 2025, quando un maestro del cinema italiano come Paolo Sorrentino sale sul palco di una sala gremita di giovani, il silenzio è immediato, quasi religioso. Nella cornice intensa e vibrante del Giffoni Film Festival, il regista premio Oscar ha incontrato il pubblico nella sala Truffaut, regalando un momento di rara intimità creativa. Un incontro che ha toccato corde profonde e ha lasciato emergere un Sorrentino sincero, umano, e soprattutto vulnerabile. Lontano dalle luci patinate dei red carpet internazionali, il regista ha condiviso un aspetto poco raccontato del suo lavoro: il blocco creativo. Un tema che, nel suo caso, può sembrare quasi paradossale. La sua risposta ha ribaltato ogni aspettativa, spogliando l’immagine del genio infallibile per restituirci l’essenza fragile e misteriosa dell’atto creativo.

Paolo Sorrentino a Giffoni55: "Come ho superato il blocco creativo"

Sorrentino ha risposto alla domanda se avesse mai avuto o meno un blocco creativo. Ha poi rivelato, senza mezzi termini: “I blocchi creativi vengono spessissimo, soprattutto quando giri un film e ti trovi davanti a 50 persone che pensano che tu sappia cosa vuoi e quello che vuoi dire. L'ho superato facendo finta di sapere quello che volevo. Spesso la creatività è figlia della bugia, non della verità. Quindi uno dice una bugia, dice la prima cosa che gli viene in mente e per un meccanismo arcano che è misterioso che ha a che fare con l'immaginazione e la fantasia quella bugia si rivela essere qualcosa che assomiglia alla verità. E' una cosa che succede solo nell'elaborazione di un manufatto di fantasia. Non succede nella vita vera, questo è molto interessante lo scatto tra il racconto e la vita vera. Nella vita vera la bugia è la bugia”.

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Paolo Sorrentino al Giffoni Film Festival

Una riflessione che ha lasciato la platea senza parole. In un momento storico che chiede verità immediate, autenticità da esibire e pensieri da condividere in tempo reale, Sorrentino scava nella contraddizione più feconda: quella tra finzione e verità, tra racconto e realtà. Per lui, è proprio nell’illusione, nel “fare finta”, che può nascere l’arte. E quel “fare finta” diventa motore di invenzione, fucina di immagini, parole, atmosfere. Il regista de La grande bellezza ha parlato con disarmante lucidità. Non ha offerto soluzioni semplici o ricette da manuale. Ha preferito raccontare l’insicurezza che si cela dietro ogni set, ogni decisione, ogni ciak. L’idea di un autore che non sa perfettamente dove sta andando, ma che sceglie comunque di muoversi, anche al buio. E in questo movimento cieco, spesso, trova la luce.

L’incontro si è trasformato presto in un dialogo aperto, dove le domande dei ragazzi del Giffoni si sono alternate alle suggestioni personali del regista. Non sono mancati i riferimenti alla sua carriera, al suo amore per il cinema, alle difficoltà incontrate lungo il percorso. Il fulcro dell’incontro è rimasto quel nucleo profondo e inafferrabile che è il gesto creativo. Parlando della bugia come strumento narrativo, Sorrentino ha sottolineato una distinzione fondamentale: la finzione cinematografica, quella che prende forma nell’immaginazione, ha un potere rivelatorio. Una bugia detta nel processo creativo può svelare più di una verità dichiarata. Nella vita vera, invece, la bugia resta bugia. Una dicotomia che affascina e al tempo stesso interroga, soprattutto in un festival che si rivolge alle nuove generazioni.