Dopo Fuochi d'artificio, questa serie con Gassmann è un gioiellino: non perderla su RaiPlay

Se ieri sera, 15 marzo, ti è piaciuta Fuochi d'artificio, non puoi perdere quest'altra serie con il mitico Alessandro Gassmann: è disponibile in modo totalmente gratuito su RaiPlay. Ecco similitudini e differenze.

Due epoche di produzione diverse, un solo sfondo: l’Italia ferita dalla Seconda guerra mondiale. Fuochi d’artificio, andata in onda il 15 aprile su Rai 1, e La guerra è finita, miniserie del 2002 con Alessandro Gassmann ora disponibile su RaiPlay, offrono due visioni intense e parallele del conflitto, vissuto dagli occhi dei più giovani. Ma se l’obiettivo emotivo e narrativo sembra simile, i linguaggi, le dinamiche interne e il contesto storico dei protagonisti disegnano due prospettive molto differenti. Se amate Gassmann, non potete perdere un altro film con lui protagonista.

Perché vedere la serie con Gassmann su RaiPlay se hai amato Fuochi d'artificio

Nel cuore delle Alpi piemontesi, Fuochi d’artificio racconta la storia di quattro ragazzi appena adolescenti: Marta, Davide, Sara e Marco. Tra i 12 e i 13 anni, questi giovani diventano l’anima silenziosa della Resistenza. La loro forza sta proprio nella loro età, che li rende invisibili agli occhi degli occupanti. Uniti sotto l’identità fittizia di "Sandokan", sfidano il regime nazifascista con atti di sabotaggio e coraggio quotidiano. Il loro mondo non è fatto di ideologie, ma di amicizia, istinto e un innato senso di giustizia.

gassmann scena
Alessandro Gassmann in una scena della miniserie disponibile su RaiPlay in una versione giovanissima

Dall’altra parte, La guerra è finita segue tre ragazzi universitari: Claudio, Giulia e Ettore. Non sono più bambini, ma giovani adulti cresciuti sotto il fascismo, costretti a fare i conti con scelte ideologiche profonde. Claudio decide di combattere con la Repubblica Sociale Italiana, mentre Ettore e Giulia scelgono la via della Resistenza. Le loro vite si intrecciano tra passione, tradimenti e divisioni politiche. Una guerra personale e collettiva li accompagna fino alla riconciliazione finale, simbolo della possibilità di ritrovare se stessi anche dopo lo scontro più lacerante.

La fiction firmata da Susanna Nicchiarelli pone l’accento sull’ingenuità disarmante e al tempo stesso sulla determinazione dei più giovani. La regia valorizza paesaggi alpini autentici, dalla Val di Susa alla Val Chisone, che amplificano il senso di isolamento e resistenza. Il linguaggio è moderno, il ritmo dinamico, e la narrazione mescola leggerezza e dramma, restituendo un tono quasi da favola eroica. In La guerra è finita, invece, la regia di Lodovico Gasparini si muove in modo più classico. Il peso della Storia grava sui dialoghi e sulle scelte dei protagonisti. L’atmosfera è cupa, riflessiva, a tratti dolente. La guerra non è un’avventura, ma una frattura profonda che mette in discussione amicizie, ideali e identità.

Diversi modi di raccontare la guerra

La differenza più evidente tra le due opere risiede nel modo in cui viene rappresentato il conflitto. In Fuochi d’artificio, il nemico è un’entità esterna, contro cui agire con astuzia e complicità. La Resistenza viene filtrata attraverso lo sguardo dell’infanzia, lasciando spazio alla speranza e all’idea che anche i più piccoli possano cambiare le cose. Al contrario, La guerra è finita ci porta all’interno di un conflitto interiore. Il vero nemico non è solo all’esterno, ma vive nei cuori dei protagonisti. Le scelte sbagliate, i rimpianti e le incomprensioni alimentano un dramma più intimo, in cui la linea tra bene e male si fa sempre più sottile. Alessandro Gassmann interpreta un Claudio tormentato, che incarna la complessità di chi sceglie una strada impopolare per poi cercare il perdono.

Entrambe le serie si distinguono per la volontà di raccontare un pezzo fondamentale della nostra storia attraverso i giovani. Lo fanno parlando a pubblici differenti. Fuochi d’artificio si rivolge anche ai ragazzi di oggi, proponendo una visione fresca, avventurosa e educativa. La guerra è finita guarda invece agli adulti, offrendo una riflessione matura sui limiti della libertà e sul peso delle scelte politiche. Nonostante le differenze stilistiche e narrative, le due fiction si completano idealmente. Una mostra la nascita del coraggio, l’altra le ferite che esso può lasciare. Insieme, tracciano un affresco emotivo potente, che tiene viva la memoria della Resistenza e la consegna, con linguaggi diversi, alle nuove generazioni.