Dimissioni: nota consulente del lavoro spiega cos'è il preavviso, di quanti giorni può essere e cosa può influenzarlo. C'è, poi, una cosa in particolare, che non tutti sanno: ecco i dettagli.
Le dimissioni rappresentano l’atto con cui un lavoratore dipendente sceglie di interrompere unilateralmente il rapporto con il proprio datore di lavoro. Questa decisione è un diritto del lavoratore, che può esercitarlo senza limitazioni, a condizione di rispettare il periodo di preavviso stabilito dai contratti collettivi. Esistono diverse modalità di dimissioni, ognuna con implicazioni specifiche. Le dimissioni volontarie avvengono per libera scelta del lavoratore, senza costrizioni esterne. In questo caso, tuttavia, non è previsto il diritto all’indennità di disoccupazione. Diversa è la situazione delle dimissioni per giusta causa, che si verificano quando il datore di lavoro commette gravi inadempienze, come il mancato pagamento dello stipendio o episodi di molestie.
In questo scenario, il lavoratore conserva il diritto all’indennità di disoccupazione e può ottenere l’indennità sostitutiva del preavviso. Esiste poi la risoluzione consensuale, un accordo tra datore di lavoro e dipendente per chiudere il rapporto lavorativo. A seconda delle condizioni dell’accordo, il lavoratore potrebbe non avere accesso all’indennità di disoccupazione. Accanto alle dimissioni, esiste anche il licenziamento, ovvero la cessazione del rapporto di lavoro su iniziativa del datore di lavoro. Questo può avvenire per giustificato motivo soggettivo, legato a comportamenti scorretti del dipendente, o per giustificato motivo oggettivo, come la necessità di ridurre il personale. Il preavviso è un elemento centrale sia nelle dimissioni che nel licenziamento. La sua durata dipende da elementi diversi. Ad esempio, secondo molti Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) un dipendente full-time con oltre cinque anni di anzianità deve generalmente rispettare un preavviso di almeno 15 giorni.
Dimissioni: come funziona il preavviso e cosa lo influenza
In questo caso, parliamo specificamente del preavviso per le dimissioni. I dipendenti che decidono di dimettersi, solitamente, devono dare un preavviso. Il preavviso è, cioè, un lasso di tempo che intercorre tra la comunicazione della volontà di cessare il rapporto di lavoro e l'effettiva interruzione del rapporto: durante questo periodo, il dipendente continuerà a lavorare per l'azienda. Questo periodo è quasi sempre obbligatorio, tranne in casi particolari come le dimissioni per giusta causa, o le dimissioni durante il periodo di prova. Una nota esperta e consulente del lavoro, la dottoressa Sabrina Grazini, ha rivelato che la durata minima del preavviso è stabilita dal CCNL, e varia in base ad alcuni elementi. Tra questi, l'anzianità aziendale (e cioè da quanto tempo si è stati assunti), nonché il livello di inserimento. Solitamente, comunque, il preavviso ha una durata variabile, che va dai 4 ai 90 giorni, a seconda degli elementi prima citati.
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L'esperta ha, poi, rivelato una cosa che non tutti sanno: in alcuni Contratti Collettivi, infatti, la decorrenza delle dimissioni ha valenza solo ed esclusivamente in determinate giornate, che si possono trovare a inizio, a metà e a fine mese. In pratica, la decorrenza delle dimissioni, ossia il momento in cui ha inizio il periodo di preavviso, è stabilita dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL). In molti contratti collettivi, il preavviso non parte immediatamente dalla data in cui il lavoratore comunica la propria decisione, ma ha delle scadenze prestabilite, generalmente fissate all’inizio o alla metà del mese. Questo significa che, a seconda delle regole previste dal contratto di riferimento, il preavviso può iniziare solo il 1° o il 16° giorno del mese successivo alla comunicazione delle dimissioni. Negli altri giorni, il preavviso non sarà valido, e bisognerà considerare la data successiva più vicina.
L'esempio e altre cose da sapere
Nel CCNL Terziario e Commercio, ad esempio, se un lavoratore presenta le dimissioni il 18 gennaio, il preavviso avrà decorrenza dal 1° febbraio, poiché il contratto stabilisce che l’inizio del periodo di preavviso coincida con le date prestabilite. Se invece la comunicazione avviene il 10 gennaio, il preavviso potrebbe partire dal 16 gennaio, qualora il contratto lo preveda espressamente. Il periodo in cui si dovrà continuare a lavorare sarà, dunque, più lungo del previsto. Infine, la nota esperta ha spiegato anche che ci sono delle assenze che possono interrompere la decorrenza del preavviso, come le malattie, le ferie e gli infortuni. Prima di dare le dimissioni, consiglia, infine, la dottoressa Grazini, conviene sempre controllare il CCNL e conteggiare il relativo preavviso.
