Quando la nostra fonte di ispirazione è un disabile, non per i risultati da lui raggiunti ma in quanto tale, stiamo peccando di pregiudizio nei suoi confronti. Questo atteggiamento dà origine a un abilismo, che si va propagando sempre di più
Persone con disabilità che compiono azioni normalissime, come fare la spesa o uscire con gli amici, vengono esaltate dai normodotati solo in quanto disabili. "Sei fortunato ad avere amici così buoni", "sei un fenomeno", "ma è tuo fratello?". Come se si partisse dal presupposto che questi non possano avere un fidanzato o degli amici.
Il disabile come fonte d'ispirazione
Se ne è discusso molto sui social: per esempio, ne parla nei suoi video l'influencer Benedetta De Luca, che si batte molto per l'inclusione dei disabili e per porre fine a certi stereotipi.
Questa inclinazione non fa che confermare le basse aspettative che si hanno nei confronti dei disabili, che molto spesso, però, vengono anche smentite. Il normodotato, in questo caso, non riflette sulle conseguenze che provoca in lui: come umiliarlo e farlo soffrire. Inconsciamente, sfrutta le scarse prospettive che si hanno verso chi possiede una disabilità, solo per sentirsi più fortunato. Utilizzandolo come mezzo e come oggetto, si innalza la considerazione che abbiamo di noi stessi.
Ispirazione motivazionale
Ma cosa si vuole dire con tutto ciò? Che i normodotati sono terribili? Assolutamente no. Queste azioni sono svolte involontariamente e, soprattutto, in buona fede. Vengono, però, segnalate per far capire loro, come appare la visione nel suo complesso. È come se, guardando un disabile, si pensi: "mi lamento di sciocchezze, sono questi i veri problemi. La salute prima di tutto. Potrebbe andarmi peggio, potrei essere come lui".
I giornali esaltano questo fenomeno
Quando su un giornale si legge che un ragazzo disabile si è laureato con il massimo dei voti è un esaltazione offensiva nei suoi riguardi. Cosa si legge tra le righe? Che il ragazzo o la ragazza in questione, nonostante le loro difficoltà, sono riusciti a compiere un'azione difficilissima per loro. Invece, l'università è complessa per tutti, anche per i normodotati, soprattutto, se sono psicologicamente fragili. Questi, infatti, molto spesso cadono vittime di forti malesseri, addirittura, si tolgono la vita.
Notizie del genere, dunque, feriscono sia il disabile, che avverte un risalto della propria condizione, che il non, che in confronto si sente un fallimento. La soluzione? Sarebbe accettare una persona così com'è, anche con i suoi limiti.