“Mi hanno bocciata a un esame universitario perché ho usato ChatGPT”, studentessa racconta cos’è successo

Sta facendo il giro dei social la storia di @claudiaps96, una content creator spagnola che ha raccontato su TikTok come è stata bocciata a un esame universitario per aver usato ChatGPT. Il suo video ha acceso un acceso dibattito online sul rapporto tra Intelligenza Artificiale e istruzione, tema sempre più attuale nelle università europee.

Una studentessa tra studio, lavoro e tentazione dell’IA

Nel suo racconto, Claudia spiega di essere una studentessa di psicologia che lavora quaranta ore a settimana. «Ho poco tempo per studiare, spesso riesco a preparare gli esami solo nei weekend», ammette. Quando ha dovuto consegnare un compito scritto per un esame, ha deciso di chiedere un aiuto digitale: ChatGPT.

La studentessa è stata bocciata a un esame dopo che i docenti hanno scoperto che aveva usato ChatGPT per fare un esame scritto
La studentessa è stata bocciata a un esame dopo che i docenti hanno scoperto che aveva usato ChatGPT per fare un esame scritto

«Non ho fatto copia e incolla, non sono stupida», precisa nel video. «Ho preso spunto dal testo e riscritto tutto con parole mie». Tuttavia, qualcosa è andato storto. La parte finale della prova richiedeva di inserire riferimenti bibliografici e fonti scientifiche. Claudia ha chiesto a ChatGPT di crearli, ma l’IA ha commesso un errore: ha fornito citazioni inventate o inesatte. «Credo sia stato questo a tradirmi – dice – quando il professore ha controllato i riferimenti, ha capito subito che qualcosa non tornava».

Il rischio di affidarsi troppo all’intelligenza artificiale

Il risultato? Bocciatura immediata, senza possibilità di spiegarsi. «Non mi hanno dato nemmeno il tempo di giustificarmi», racconta la studentessa. «Accetto la colpa: dovevo verificare meglio le fonti. Ho perso tempo e soldi, e dovrò ripetere l’esame. Per me è un grande problema perché ho già poco tempo e tanti esami da dare». Il caso ha riaperto la discussione su come l’intelligenza artificiale generativa venga usata — e scoperta — nel mondo accademico. Strumenti come Turnitin o GPTZero vengono già utilizzati da molte università per individuare testi scritti da algoritmi. Questi sistemi analizzano la struttura linguistica e il livello di “perplessità” dei testi, riconoscendo se un elaborato è frutto umano o digitale.

Tra critiche e solidarietà: la reazione dei social

Il video di Claudia ha superato in poche ore migliaia di visualizzazioni. Nei commenti, le opinioni sono state molto diverse. C’è chi l’ha criticata duramente, ricordando che un giorno potrebbe esercitare la professione di psicologa e che “affidarsi troppo all’IA” rischia di compromettere la qualità della formazione. Altri utenti, invece, l’hanno difesa, sostenendo che la pressione universitaria e lavorativa spinge molti studenti a cercare scorciatoie.

Tra i commenti più discussi spicca quello di un utente che scrive: «Ho dato una lezione privata a uno studente universitario, ha detto che usa ChatGPT ma ha ammesso che inventa i riferimenti alle ricerche scientifiche. Bisogna essere più critici e dubitare sempre. L’Intelligenza Artificiale non è la panacea di tutti i mali». In sostanza, un avvertimento: l’IA può essere utile, ma non sostituisce la conoscenza e l’esperienza umana.

Università e AI: serve una nuova consapevolezza

Il caso di Claudia evidenzia un problema crescente. Sempre più studenti utilizzano ChatGPT, Gemini o Copilot per preparare tesi, riassunti o relazioni. Ma non sempre conoscono i limiti di questi strumenti, che possono inventare fonti, alterare dati o produrre testi poco coerenti. Le università, dal canto loro, stanno aggiornando regolamenti e codici etici per integrare l’uso dell’IA in modo trasparente e responsabile.

Molti atenei, soprattutto nel Regno Unito e in Spagna, prevedono ora corsi dedicati alla scrittura accademica assistita dall’intelligenza artificiale, spiegando come usarla senza infrangere le regole. La chiave è la consapevolezza: saper distinguere tra supporto tecnologico e sostituzione del proprio pensiero critico.

La vicenda della content creator spagnola è un campanello d’allarme per migliaia di studenti. L’intelligenza artificiale può accelerare la scrittura, suggerire idee e semplificare la ricerca, ma non può studiare o comprendere per noi. Usarla con superficialità può costare caro, come dimostra questa bocciatura. E, in un’epoca in cui la tecnologia entra sempre di più nelle aule universitarie, l’etica digitale diventa una competenza fondamentale.

Claudia, con la sua sincerità, ha forse già passato un altro tipo di esame: quello della consapevolezza. E per molti, questa lezione vale più di un voto.