In Corea del Sud mangiare al ristorante è un’esperienza che va ben oltre il semplice pasto. Appena ci si siede a tavola, arrivano subito una serie di piccoli piattini colorati, disposti in modo ordinato e curato. Sono i banchan, i famosi contorni coreani che raccontano una parte profonda della cultura del Paese. E la cosa più sorprendente? Sono sempre gratis e si possono chiedere (talvolta ottenere) illimitatamente.
I banchan: l’anima conviviale della cucina coreana
A raccontare questo curioso aspetto della Corea del Sud è stata Tiffany, una content creator statunitense di origini coreane conosciuta su Instagram come @builtbytiffy. Nei suoi video spiega come, in Corea, nessuno resti mai con il tavolo vuoto: se i contorni finiscono, il cameriere torna con altri piattini pieni, senza che il cliente debba pagare nulla. «Questi contorni si chiamano banchan. In Corea non sono opzionali, sono la norma. La gente del posto si aspetta di riceverli quando va al ristorante, senza chiederli», racconta Tiffany.
La varietà è ampia: kimchi, germogli di soia, verdure saltate, tofu, pesci essiccati, frittelle di zucchine o alghe croccanti. Ogni ristorante propone combinazioni diverse, spesso legate alla stagione o agli ingredienti disponibili. È un po’ come il pane servito gratis nei ristoranti europei, ma molto più ricco e scenografico.
Il mistero del numero dispari: una questione di fortuna (e di tradizione buddista)
Un dettaglio che non passa inosservato è il numero dei piattini. In quasi tutti i ristoranti coreani, i banchan vengono serviti in numero dispari — cinque, sette o nove — perché nella cultura coreana i numeri pari sono considerati sfortunati. Questa credenza affonda le radici in antiche tradizioni asiatiche, dove l’equilibrio perfetto dei numeri pari veniva associato all’immobilità e, simbolicamente, alla morte. I numeri dispari invece rappresentano la vitalità, il movimento e la buona sorte. Così, anche il modo in cui vengono disposti i piatti rispecchia un concetto di armonia che unisce estetica, spiritualità e accoglienza. Non è un caso che la presentazione del cibo in Corea sia considerata un’arte, tanto quanto il sapore.
Per capire perché i contorni coreani siano diventati parte integrante della tavola bisogna fare un salto indietro nel tempo, a oltre 1600 anni fa. Quando il Buddhismo arrivò in Corea, la carne venne bandita dalle tavole. Le persone dovettero quindi costruire i propri piatti combinando verdure, legumi, salse e spezie, sempre accompagnati dal riso. Da qui nacque la filosofia dei banchan: tanti piccoli assaggi per creare equilibrio tra i sapori, i colori e le consistenze.

Con il passare dei secoli, la tradizione è rimasta intatta. Anche nei ristoranti moderni, i banchan continuano a essere preparati con ingredienti semplici e stagionali, spesso a basso costo. Il valore non sta tanto nel prezzo, quanto nell’esperienza: chi mangia si sente accolto e valorizzato. E anche se per il ristoratore l’investimento è minimo, il ritorno in termini di fidelizzazione del cliente è enorme.
La filosofia della generosità: la prima impressione conta
In un’epoca in cui molti locali cercano di fidelizzare i clienti con tessere punti, sconti o premi dopo il pagamento o dopo una recensione positiva, la Corea del Sud ribalta completamente la logica: la generosità arriva prima del conto. I ristoranti coreani sanno che la prima impressione è quella che resta, e regalare piccoli piatti all’inizio del pasto crea subito un legame positivo con chi siede a tavola.
Tiffany spiega che questo gesto ha un effetto psicologico potente: «Ti senti trattato da re, anche se in realtà quei piattini costano poco. Hai la sensazione di aver ricevuto molto più di quanto hai pagato». Il cliente percepisce un senso di gratitudine e rispetto che lo spinge a tornare, non per lo sconto o per un premio, ma per la qualità dell’accoglienza.
La cultura dei banchan è oggi uno dei tratti più amati della gastronomia coreana. I turisti restano colpiti non solo dai sapori, ma dal modo in cui ogni pasto trasmette un messaggio di cura e condivisione. In un mondo in cui la ristorazione spesso punta al massimo profitto, la Corea del Sud continua a difendere una filosofia opposta: dare prima di ricevere. E forse è proprio questa generosità, così autentica e quotidiana, a rendere la sua cucina una delle più apprezzate al mondo.
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