Quali sono i pro e i contro della decisione di lasciare il TFR in azienda, rispetto a quella di destinarlo al fondo pensione? Ecco la spiegazione dell’esperto.
Il TFR, Trattamento di Fine Rapporto, rappresenta una somma che ogni lavoratore dipendente accumula nel corso della propria carriera e riceve alla cessazione del rapporto, sia per dimissioni, licenziamento o pensionamento. È considerato una forma di retribuzione differita, calcolata annualmente come quota della retribuzione lorda. Al momento della scelta, il dipendente può decidere se lasciare il TFR in azienda oppure destinarlo a un fondo pensione. Nel primo caso, resta accantonato presso il datore di lavoro, rivalutato ogni anno con un tasso dell’1,5% più il 75% dell’inflazione.
Se invece il TFR confluisce in un fondo pensione, entra a far parte della previdenza complementare. Qui il capitale viene investito da gestori professionali in base al profilo di rischio scelto, con la prospettiva di rendimenti potenzialmente più elevati rispetto alla rivalutazione aziendale. Entrambe le scelte hanno i loro vantaggi e i loro svantaggi, e conviene analizzarli entrambi, per capire quale convenga di più.
TFR in azienda o nel fondo pensione? La spiegazione dell’esperto
Come dice un noto esperto di economia e lavoro, il commercialista Massimiliano Allievi, non si può dire, in assoluto, che una decisione sia migliore dell’altra. Il TFR lasciato in azienda, infatti, assicura stabilità e disponibilità più immediata in caso di cessazione del lavoro: terminato il lavoro, infatti, il trattamento di fine rapporto viene liquidato per intero, ed è immediatamente disponibile. Come rivelato dal dottor Allievi, però, bisogna fare alcune precisazioni, che potrebbero far propendere di più per la decisione di destinare il proprio TFR al fondo pensione.

Prima di tutto, non è vero che, una volta destinato il TFR al fondo pensione, questo sarà disponibile tutto solo dopo il pensionamento. Come sottolineato dall’esperto, infatti, c’è la possibilità di richiedere delle anticipazioni dal TFR versato nel fondo pensione, per diversi motivi: ad esempio, se c’è la necessità di ristrutturare casa, o se bisogna affrontare delle spese sanitarie importanti, o anche semplicemente dopo almeno otto anni dall’iscrizione al fondo pensione, senza necessità di giustificarne il motivo. Certo, non sarà disponibile per intero, come nel caso della cessazione del rapporto di lavoro, quando il TFR è lasciato in azienda, ma non è davvero congelato come si pensa.
La precisazione sulla tassazione
C’è, poi, un’altra precisazione fondamentale da fare: nel fondo pensione si possono ottenere guadagni maggiori e un risparmio fiscale notevoli. Come già spiegato, infatti, nel caso in cui il trattamento di fine rapporto venisse destinato all’azienda, questo sarebbe rivalutato ogni anno e, a causa dell’inflazione, potrebbe perdere il suo valore. Viceversa, nel caso del fondo pensione, la tassazione è agevolata: dal 15% fino al 9% a seconda degli anni di partecipazione. Lasciare il TFR in azienda vuol dire, quindi, pagare mediamente più imposte. E, dunque, avere una liquidazione inferiore. C’è, infine, il vantaggio principale del fondo pensione, che è la possibilità di affiancare una pensione integrativa a quella pubblica. Assicurando, così, maggiore stabilità economica in età avanzata e limitando il rischio di un forte ridimensionamento del tenore di vita dopo la carriera lavorativa. Per voi, dunque, qual è la scelta migliore?
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