Il certificato di malattia retrodatato è valido ai fini della corresponsione dell’indennità collegata alla giornata o alle giornate precedenti alla presentazione del documento stesso? Una nota consulente del lavoro dà la risposta definitiva.
Nel diritto del lavoro la malattia è definita come una condizione che impedisce temporaneamente lo svolgimento dell’attività e viene tutelata sia sotto il profilo della conservazione del posto sia sotto quello economico. Il dipendente ha diritto all’assenza retribuita, quando prevista, e non può essere licenziato durante il periodo di comporto, stabilito dalla legge o dal contratto. Il lavoratore deve comunicare tempestivamente l’assenza al datore, di norma già dal primo giorno, seguendo le modalità fissate dal contratto. Contestualmente deve contattare il medico curante o la guardia medica per ottenere il certificato di malattia, trasmesso telematicamente all’INPS. Questo documento è indispensabile perché attesta l’impossibilità a lavorare, giustifica l’assenza e viene messo a disposizione anche del datore di lavoro. In mancanza, l’assenza è considerata ingiustificata con possibili conseguenze disciplinari.
L’indennità di malattia è corrisposta dall’INPS a partire dal quarto giorno di assenza, poiché i primi tre rientrano nel cosiddetto periodo di carenza. Tuttavia, molti contratti collettivi prevedono che il datore integri parzialmente o totalmente l’importo, a garanzia di una copertura economica più completa. Per accedere all’indennità è indispensabile che il certificato sia trasmesso correttamente e nei tempi stabiliti. Se un giorno di assenza non è coperto dal certificato, l’assenza diventa ingiustificata. In questi casi il dipendente perde il diritto all’indennità e può subire trattenute in busta paga, sanzioni o, nei casi più gravi, licenziamento. Risulta quindi essenziale rispettare le procedure di comunicazione e certificazione, che costituiscono la base della tutela sia economica sia lavorativa.
Il certificato di malattia retrodatato a lavoro è valido? Ecco la risposta dell’esperta
In questo articolo, analizziamo un caso particolare, che può, teoricamente, capitare a tutti una volta: quello in cui non si riesca a fornire il certificato medico durante il primo giorno della malattia, e che si riesca a compilare solo il giorno dopo o, comunque, nei vari giorni successivi. La domanda che potrebbe sorgere spontanea a tutti, in questo caso, è la seguente: è possibile, nel momento in cui viene compilato il certificato di malattia, retrodatarlo al primo giorno in cui un dipendente non ha lavorato? A dare la risposta, è stata una nota consulente del lavoro, e cioè la dottoressa Sabrina Grazini. L’esperta ha spiegato che è possibile farlo, ma che, comunque, questo non avrà valore ai fini dell’indennità di malattia.

Come spiegato dall’esperta, infatti, l’INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha specificato, nelle sue FAQ, che, quando il certificato di malattia viene compilato dopo l’effettivo inizio dell’assenza, non si riconosce valore retroattivo ai fini dell’indennità. La giurisprudenza ha, in effetti, chiarito che dichiarare una malattia senza visita integra un falso ideologico, rendendo la data iniziale riportata nel certificato un semplice riferimento anamnestico, e cioè ha valore solo ai fini di accertare la storia medica e clinica del lavoratore. Al momento del rilascio, infatti, il medico attesta l’incapacità lavorativa solo in base a una visita diretta. Per questo motivo, la prestazione economica decorre dal giorno in cui il certificato viene redatto e trasmesso, senza possibilità di coprire automaticamente i giorni precedenti.
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L’unica eccezione
Esiste, però una sola eccezione, che rende valido il certificato di malattia retrodato, se di un solo giorno. L’eccezione riguarda il caso in cui il documento è rilasciato a seguito di visita domiciliare, e non ambulatoriale: in questo caso, spiega l’esperta, il medico può attestare che la malattia era presente già dal giorno prima, consentendo all’INPS di riconoscerne la validità anche in termini economici.