Lavoro, attenzione al licenziamento per superamento del periodo di comporto: in questo caso non è possibile

C'è un caso in cui il licenziamento per superamento del periodo di comporto non è possibile, e si può contestare: esperta rivela quale e per quale motivo.

Nel sistema giuridico italiano, il licenziamento rappresenta l'interruzione unilaterale del rapporto di lavoro da parte del datore. Può assumere forma individuale, se coinvolge un solo dipendente, oppure collettiva, quando interessa più lavoratori. Le principali motivazioni che giustificano il recesso sono classificate in tre categorie: giusta causa, giustificato motivo soggettivo e giustificato motivo oggettivo. La prima si applica a comportamenti particolarmente gravi che minano la fiducia tra le parti. La seconda, invece, riguarda inadempienze meno gravi ma comunque rilevanti. Il giustificato motivo oggettivo si fonda su esigenze economiche o organizzative aziendali.

Un caso peculiare è il licenziamento per superamento del periodo di comporto, che si verifica quando il lavoratore assente per malattia o infortunio supera il limite massimo previsto dalla legge o dal contratto collettivo. In tale circostanza, pur non essendo di natura disciplinare, il licenziamento è legittimo e assimilabile a quello per giustificato motivo oggettivo, poiché l’assenza prolungata impedisce il regolare svolgimento della prestazione lavorativa. La normativa stabilisce che il datore non debba fornire una descrizione dettagliata delle assenze, ma solo dimostrare il superamento del limite. Alcune assenze particolari, come quelle per le terapie salvavita, possono essere, però, escluse dal conteggio. È importante sottolineare che il licenziamento prima della scadenza del comporto è nullo. Il bilanciamento tra il diritto alla salute del lavoratore e l’interesse organizzativo del datore costituisce, ovviamente, il fondamento di questa disciplina.

Lavoro: attenti al licenziamento per il superamento del periodo di comporto, ecco il caso in cui non è possibile

Così come le assenze per terapie salvavita, anche quelle per maternità possono essere escluse dal conteggio. A parlarne, è stata una nota esperta di diritto del lavoro, l'avvocato Wanda Falco. L'esperta ha spiegato, infatti, che, tra i casi in cui il licenziamento per il superamento del periodo di comporto non è possibile, c'è anche il caso in cui la dipendente sia in stato di gravidanza. La legale, infatti, spiega che, in generale, se il numero di assenze per malattia supera un certo limite, è possibile licenziare il dipendente per superamento del periodo di comporto.

Licenziamento comporto
Una lavoratrice in gravidanza, in ufficio.

Questa regola generale incontra, però, un limite, previsto dall'articolo 54 del decreto legislativo n°151 del 2001: esso stabilisce che è vietato licenziare le lavoratrici dall'inizio della gravidanza e fino al compimento dell'anno d'età del bambino, e cioè il cosiddetto periodo protetto. Sulla questione si è recentemente espressa anche la Corte di Cassazione, la quale ha ribadito che il divieto di licenziamento della lavoratrice in gravidanza risponde all'esigenza di proteggere la maternità e l'esperienza della maternità, affinché questa non sia intaccata da preoccupazioni legate alla perdita del posto di lavoro. In questo periodo, dunque, non è possibile il licenziamento per superamento del periodo di comporto.

 

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