Dopo L'Amica Geniale, un altro capolavoro di Elena Ferrante sbarca su RaiPlay

Su RaiPlay sbarca un film tratto da un romanzo di Elena Ferrante dopo il grande successo de L'Amica Geniale: ecco titolo, trama e perché vederlo.

La maternità non è sempre un’ode alla dolcezza e questo lo sa bene Elena Ferrante, Non solo, lo ha capito con lucidità Maggie Gyllenhaal e lo vive sulla pelle ogni spettatore che si immerge ne La figlia oscura (The Lost Daughter), film del 2021 tratto dal romanzo omonimo della celebre scrittrice italiana. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, dove ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura, il film ha conquistato anche tre nomination agli Oscar.

Su RaiPlay un altro capolavoro dopo L'Amica Geniale: da un romanzo di Elena Ferrante

Nel film la protagonista è Leda, interpretata magistralmente da Olivia Colman, è una professoressa universitaria, traduttrice affermata, donna apparentemente in controllo. Decide di prendersi una pausa, una vacanza solitaria in una località balneare della Grecia. Mare calmo, libri, silenzio. Ma quel silenzio si rompe con l’arrivo di una rumorosa famiglia americana dalle radici greche. Tra loro, spicca Nina (Dakota Johnson), giovane madre affascinante e spaesata, e la piccola Elena, bambina inquieta e attaccata alla sua bambola. Quando la bambina scompare per qualche ora e viene ritrovata proprio da Leda, il peggio sembra passato. Ma non è che l’inizio. La bambola preferita di Elena svanisce, ed è proprio Leda ad averla presa. Un gesto inspiegabile, istintivo, quasi infantile. Ma anche profondamente simbolico.

Attraverso una narrazione frammentata da continui flashback, scopriamo che Leda da giovane (interpretata da Jessie Buckley) ha vissuto la maternità come una prigione. Due figlie piccole, un marito assente, un carico mentale insostenibile. La scelta estrema: abbandonarle per tre anni, inseguendo la carriera e una relazione extraconiugale. Una ferita mai rimarginata. Ogni gesto nel presente riapre quella ferita. Ogni sguardo alla giovane Nina diventa uno specchio, uno scontro tra ciò che è stato e ciò che avrebbe potuto essere.

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La protagonista del film tratto dal romanzo di Elena Ferrante

Il film ha il coraggio di affrontare un tabù ancora fortissimo: l’ambivalenza materna. Essere madre non significa solo nutrire, accudire, proteggere. Significa anche rinunciare, soffocare, sacrificare. Non tutte le donne ci riescono allo stesso modo. La figlia oscura racconta proprio questo: il diritto a non essere madri perfette. Il diritto, persino, di voler fuggire. Maggie Gyllenhaal, al suo esordio alla regia, sceglie uno stile intimo, quasi claustrofobico, che costringe lo spettatore a rimanere incollato allo sguardo, ai silenzi, alle crepe emotive di Leda. Non ci sono buoni o cattivi, ma solo persone alle prese con i propri fantasmi.

Un cast femminile che brilla

Olivia Colman regala una delle sue interpretazioni più potenti: misurata, ma profondamente emotiva. Jessie Buckley riesce a dare corpo e tormento alla Leda giovane, rendendo credibile il passaggio temporale e psicologico. Dakota Johnson è una Nina fragile e sensuale, sospesa tra desiderio e solitudine. Ogni volto è un racconto a sé, ogni sguardo una domanda senza risposta. La chimica tra le protagoniste tiene alta la tensione per tutta la durata del film.

La bambola sottratta non è un semplice oggetto: diventa emblema della maternità negata, dell’infanzia interrotta, dei vuoti interiori che nessuna carriera, nessuna vacanza, nessun uomo può davvero colmare. La confessione finale di Leda, ferita fisicamente e moralmente, è un atto di coraggio. La telefonata alle figlie, l’arancia sbucciata come un serpente, gesto che faceva da madre, non rappresentano una redenzione totale, ma forse un primo passo verso l’accettazione di sé.

La figlia oscura è un film da vedere assolutamente perché non fa sconti e non cerca di raggiungere lo spettatore tramite l'empatia facile. Offre uno spunto necessario per una riflessione sulla società (proprio come L'Amica Geniale anche se in un modo e in luoghi totalmente diversi). Inoltre il film non pone Leda come una vittima e non la giustifica, tende solo a mostrarla proprio così com'è. Un film che apre una breccia nella verità. Quest'ultima può far male, ma ha il sapore della libertà.