Cibi ultraprocessati, perché creano dipendenza? Il nutrizionista svela l'inganno

I cibi ultraprocessati sono ovunque e il loro richiamo è quasi impossibile da ignorare.

Dolci, snack salati e prodotti industriali sono studiati per stimolare i sensi e renderci dipendenti dal loro sapore. Il dottor Mattia Alemanno, nutrizionista, e il biologo nutrizionista Gabriele Lupi spiegano perché questi alimenti risultano così difficili da evitare. La chiave sta in una perfetta combinazione di zuccheri, sale e oli vegetali, pensata appositamente per farci raggiungere quello che gli esperti chiamano bliss point. Il bliss point è il punto massimo di piacere sensoriale che un alimento può darci. Quando lo raggiungiamo, il nostro cervello libera una quantità elevata di dopamina, il neurotrasmettitore della ricompensa. Questo meccanismo fa sì che proviamo un forte senso di soddisfazione immediata, ma ci porta anche a desiderare di ripetere l’esperienza. È così che il consumo di questi prodotti diventa quasi automatico, anche quando non abbiamo più fame. Più ne mangiamo, più il nostro cervello ci spinge a cercarne ancora, creando un ciclo difficile da interrompere.

Il ruolo del neuro-marketing e della dipendenza alimentare

Non è solo il gusto a renderli così appetibili. Dietro i cibi ultraprocessati c’è un’intera strategia di neuro-marketing. Le aziende studiano nel dettaglio le combinazioni di ingredienti, le texture e persino i colori del packaging per stimolare il piacere e renderci inconsapevolmente dipendenti. Ogni morso attiva circuiti cerebrali che ci portano a cercare di nuovo quegli stessi stimoli, spesso senza nemmeno rendercene conto. Questo meccanismo viene sfruttato dalle industrie per mantenere alta la domanda, spingendo i consumatori ad acquistare ripetutamente gli stessi prodotti. Il picco di dopamina indotto da questi cibi è simile a quello che si verifica con alcune sostanze che creano dipendenza.

Questo spiega perché può essere così difficile smettere di mangiarli una volta iniziato. Il nostro cervello, infatti, associa l’esperienza a una forte sensazione di gratificazione e ci spinge a ripeterla. L’abitudine al consumo di questi prodotti può influenzare anche la percezione del gusto, rendendo i cibi naturali meno appetibili e intensificando la ricerca di sapori più forti e stimolanti.

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I cibi ultraprocessati creano dipendenza perché al loro interno è presente una miscela di zuccheri e oli.

Questa dipendenza alimentare è il motivo per cui, nonostante si conoscano i rischi per la salute legati all’eccessivo consumo di cibi ultraprocessati, molte persone continuano a farne largo uso. L’industria alimentare sfrutta queste conoscenze per mantenere alta la domanda, spesso attraverso prodotti dal gusto irresistibile ma dal valore nutrizionale discutibile. Consumare questi alimenti con consapevolezza è essenziale per ridurre il rischio di sviluppare problemi metabolici e altre patologie legate alla cattiva alimentazione.

Capire questi meccanismi può aiutare a prendere decisioni più consapevoli. Ridurre il consumo di questi alimenti non è semplice, ma è possibile adottare strategie per spezzare il circolo vizioso. Sostituire gradualmente gli ultraprocessati con cibi freschi e naturali è un buon inizio. Imparare a riconoscere i segnali del nostro corpo e distinguere la vera fame dalla voglia indotta può fare la differenza per migliorare il proprio benessere e la propria alimentazione. Inoltre, dedicare più tempo alla preparazione dei pasti e riscoprire il piacere dei sapori autentici può essere un valido aiuto per ridurre la dipendenza da questi prodotti industriali.