Violenza contro le donne: "Perché le donne non denunciano", l'intervista nel CAV di Scampia

Quello che non sai sulla violenza sulle donne

Violenza contro le donne, l'azione incessante dei centri antiviolenza: cosa fare per frenare l'ondata di femminicidi in Italia? Lo abbiamo chiesto a Patrizia Palumbo, presidente dell'associazione Dream Team - Donne in Rete 

Qualcuno fermi la violenza contro le donne. Un grido che si leva, unito, da tutt'Italia, un Paese in cui l'emergenza della donna tragicamente vittima della brutalità dell'uomo si traduce in un lunghissimo elenco di femminicidi: 31 dall'inizio del 2023. Una strage che si consuma tra le mura domestiche, portata avanti da compagni, mariti, ex fidanzati. Uomini con una distorta visione della donna, uomini la cui azione non chiamatela amore tossico o amore malato: nella violenza, non vi è amore. E iniziare a diffondere la corretta educazione e il giusto linguaggio è compito di tutti, nessuno escluso.

Perché è ascoltando gli adulti, che i futuri uomini del domani imparano a discernere il bene dal male, rendendosi conto che la donna non è un oggetto, non è un genere debole, non è un bene da proteggere o da rinchiudere. Una donna è una persona, che merita opportunità e trattamenti paritari a quelli di cui gode l'uomo.
L'ultima donna uccisa in Italia si chiamava Maria Rosa Troisi. La sua vita è stata spezzata dal marito, che l'ha assassinata a coltellate. L'omicidio si è consumato a Battipaglia, in provincia di Salerno, lo scorso mercoledì, 20 settembre. Prima di lei, la morte di
Rossella Nappini, a Roma, e ancora prima di Marisa Leo, a Marsala.

Violenza contro le donne, l'azione incessante dei centri antiviolenza: l'intervista 

Abbiamo intervistato Patrizia Palumbo, presidente dell'associazione Dream Team - Donne in Rete, cuore e anima di uno dei centri antiviolenza della città di Napoli. Siamo a Scampia, quartiere nord della città, territorio in cui la forza dell'associazionismo e della cittadinanza attiva sta contribuendo enormemente al riscatto di una zona negli anni passati ostaggio delle più feroci faide di camorra. Ed è qui che l'azione di questo CAV risplende, e dona speranza.

"I numeri dei centri antiviolenza possono essere diversi da quelli delle forze dell'ordine, perché nei primi non c'è l'obbligo della denuncia, ma nel momento in cui arrivano qui le donne noi cerchiamo di portarle alla denuncia, così che il carnefice viene processato. 
Proprio qualche giorno fa abbiamo accolto una donna che non vorrebbe denunciare le violenza che subisce: il discorso è complesso. Una volta che una donna si è fatta il suo progetto di famiglia, di quello che forse pensava che doveva essere il rapporto con questo uomo: è difficile rinunciare", afferma Patrizia Palumbo.

"Preferisco prendere le botte, ma almeno i miei figli mangiano"

"Molte non ci riescono, pensando che possono cambiare quell'uomo, e portare, così, avanti quel progetto che hanno in mente. Ma se gli uomini sono violenti, difficilmente cambieranno. Quindi noi cerchiamo sempre di aprire la mente di queste donne, e di cautelarle con una denuncia, perché è questa la loro forza. E' difficile, e non bisogna giudicare. La violenza è insita in tutti i ceti. Mi è capitato anche parlare con donne che mi hanno detto: "Preferisco prendere le botte, ma almeno i miei figli mangiano". E' tutto relativo a una storia, ogni storia è a sé".

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