sabato, Settembre 23, 2023
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Quante tasse paghi nel 2023 per il tuo stipendio, e che sono a carico tuo?

È vero che alla lunga il cedolino della propria busta paga non ci lascia più segreti. Ma poi accade di andare subito a vedere il netto, e di disinteressarsi di tutte le altre righe e colonne inerenti agli oneri tributari e previdenziali. È un errore, perché bisogna sapere quante tasse si pagano nel 2023, specie se lo stipendio è l'unica entrata che si ha.

Sappiamo che il cuneo fiscale, ovvero le tasse che paghi anche nel 2023 per il tuo stipendio, dovrebbe ammontare tra il 42 e il 43%. Ma queste sono imposte e contributi previdenziali che, per legge, sono in parte a carico del datore di lavoro, e in parte al dipendente. Cosa significa questo? Che parte delle tasse dovrai ripagarle, ma questo non capita per tutte le imposte. Solo alcune prevedono il carico da parte del dipendente, ma non sono poche.

Quante tasse paghi nel 2023 per il tuo stipendio?

Partiamo dal fatto che le tasse non sono calcolate propriamente sul lordo, ma sull'imponibile. Solo i contributi sono sul lordo, infatti si parla di imponibile previdenziale. Tralasciando la parte relativa all'INPS, concentriamoci sulle imposte. Nello stipendio di un dipendente ci sono l’IRPEF (al netto delle detrazioni), le addizionali regionali e comunali e la quota INAIL. Più la voce TFR se non si è fatta richiesta di un fondo pensione. Ed eventualmente i fringe benefit, ovvero i compensi in natura (auto aziendale, buoni pasto ecc.), ma sono esentati fino a 258,23 euro all'anno (solo di benzina sono 200 euro). Quasi tutte sono generalmente a carico del datore di lavoro, ma alcune sono a carico del dipendente, addirittura in alcuni casi tocca pagare successivamente. Una bella rogna, infatti, come ricorda un utente di Twitter, sarebbe bello non avere tutte queste tasse sullo stipendio.

Oltre alla famosa ritenuta contributiva del 9,49% a carico del dipendente, sono a carico del dipendente anche una serie di contributi come gli EBCM, previsti per gli enti bilaterali del settore, cioè gli organismi di settore che prevedono accordi tra datore di lavoro e sindacati. Anche se questo è previsto per i lavori del settore terziario. In precedenza c'era anche la trattenuta ENAM per i docenti di scuola prima e infanzia, da 200 euro l'anno, ma l'ente è stato soppresso, ed è finito tutto nell'IRPEF. Altra tassa da pagare per conto proprio sarebbe quella dell'ex bonus Renzi, ma questo solo se nel conguaglio di fine anno si è superata la propria aliquota IRPEF di partenza. In tal caso, bisognerà pagare tramite F24.

Un peso fiscale che per i dipendenti può essere contenuto grazie alle detrazioni fiscali, come quelle dei figli a carico, o quelle per carichi familiari (es. genitori a carico). O addirittura la rinuncia all'ex bonus Renzi, così da evitare il rischio del conguaglio. Sono soluzioni che possono contenere la spesa fiscale anche di un 20-25% se si raggiungono i massimali di spesa. Ma questo dipende anche dal tipo di lavoro e di contratto che si ha.

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