Ogni anno il datore di lavoro, in qualità di sostituto d'imposta, deve consegnare al proprio dipendente o collaboratore (se autonomo) un documento essenziale: la Certificazione Unica. Di regola, è fatto obbligo da parte del datore di lavoro procedere alla consegna entro e non oltre il 16 marzo dell'anno corrente. Altrimenti rischia di poter venire segnalato da parte del proprio dipendente per inadempimento. Il problema è che nei guai non ci finisce solo il datore di lavoro, ma anche il suo subordinato.
Per confermare l'avvenuta erogazione di redditi in favore di un dipendente o collaboratore, ogni anno il datore di lavoro deve segnalare all'Agenzia delle Entrate il corrispettivo versato durante il precedente anno fiscale. Tale documento è necessario ai fini del calcolo delle imposte, a debito o a credito, a seconda della tipologia di redditi (occasionali, esentati...), e senza di esso, oltre al mancato versamento delle imposte, le autorità non possono stabilire l'origine dei tuoi guadagni come dipendente/autonomo. Per questo, in qualità di subordinato, anche se procedi con l'avviso o addirittura con la denuncia nei confronti del tuo sostituto d'imposta, potresti rischiare di finire nei guai col Fisco. Non è un caso comune, e il più delle volte la responsabilità ricade integralmente nel datore di lavoro, ma è bene premunirsi contro questi casi.
Quando rischi di finire nei guai con la Certificazione Unica
Supponiamo tu sia un dipendente, e al 16 marzo non ti arriva alcuna Certificazione Unica. Puoi sollecitare il tuo datore con una PEC o raccomandata con ricevuta di ritorno, ricordandogli l'obbligo della consegna del documento. Non risponde o si rifiuta di consegnartela. Puoi denunciarlo alle autorità, e in quel caso entreranno in azione la Guardia di Finanza e l'Agenzia delle Entrate. È un'azione che va subito presa in considerazione, soprattutto se il primo tentativo è stato invano.
Dato che, come lavoratore dipendente, il datore ti ha detratto le ritenute IRPEF e previdenziali dal tuo lordo, non rischi nulla. Mentre il datore di lavoro dovrà provvedere a versare, oltre ai contributi e alle imposte, anche la sanzione amministrativa. Se la somma indebitamente appropriata supera i 50.000 euro, la sanzione sarà penale. La situazione cambia se sei lavoratore autonomo, Partita IVA o collaboratore para-subordinato. Come lavoratore autonomo dovrai comunque riconoscere le ritenute di acconto subite in dichiarazione. La soluzione in questo caso è molto perniciosa, ma necessaria se non si vuole rischiare di finire come il proprio committente/datore di lavoro.
Bisogna procedere con lo scomputo dal reddito della ritenuta di acconto. In pratica devi togliere tutte le ritenute documentabili, come ad esempio le fatture con le ritenute d'acconto applicate, oppure la documentazione bancaria relativa agli incassi. Così come una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, in cui si attesta che la documentazione riguarda fatture registrate su scritture contabili, e senza altri pagamenti da parte del sostituto d'imposta. In pratica diventi commercialista di te stesso, e al posto del tuo committente sarà l’Agenzia ad accertare tutto, e a procedere nei confronti del committente del versamento indebito.
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