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Lavoro, lo stipendio dei dipendenti esperti sta aumentando ma non è una buona notizia: lo studio preoccupante

Un recente studio sul lavoro e sullo stipendio dei dipendenti di ogni età ha presentato uno scenario preoccupante: ecco perché

I dati sul mercato del lavoro, sull'occupazione e sulla disoccupazione sono tra quelli maggiormente analizzati e discussi al mondo. Spesso, in Italia, l'Istat - Istituto Nazionale di Statistica e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, insieme a numerosi altri enti, pubblicano aggiornamenti sulla questione degli aumenti o dei ribassi degli stipendi, o sul numero e sulla tipologia di contratti stipulati in un determinato periodo di tempo.

Qualche giorno fa, ed esattamente il 19 maggio 2023, il suddetto Ministero ha pubblicato i risultati dell'ultima ricerca sul mercato del lavoro, riportando, ad esempio, che nel mese di marzo e di aprile, la domanda di lavoro nel settore privato non agricolo ha continuato
ad aumentare a ritmi sostenuti, e che sono stati creati circa 100.000 posti, al netto delle cessazioni dei contratti. Il 70 per cento di questi posti, inoltre, è costituito da contratti a tempo indeterminato. Inoltre, è stato specificato che la maggior parte dei posti è stata creata nel settore dei servizi, e soprattutto quelli turistici. Anche i settori manifatturieri a maggiore intensità energetica sono cresciuti, poiché hanno beneficiato del recente calo dei prezzi dell'energia.

Lavoro: per alcuni lo stipendio aumenta, ma non è una buona notizia

Un altro studio, pubblicato recentemente, ha mostrato la differenza tra gli stipendi e tra le tempistiche di avanzamento della carriera delle diverse generazioni di lavoratori. A parlarne è stato anche Angelo Greco, noto avvocato italiano e direttore della pagina La Legge per Tutti. Quest'ultimo ha citato sulla sua pagina Instagram uno studio di Odm Consulting, secondo cui le retribuzioni medie delle generazioni dei baby boomers (quelli nati tra gli anni '40 e gli anni '60), generazione X (quelli nati tra gli anni '60 e gli anni '80), millennials (quelli nati tra gli anni '80 e gli anni '90) e generazione Z (quelli nati dalla fine degli anni '90) presentano notevoli differenze a parità di inquadramento.

Questo è il cosiddetto 'gap salariale d'età', secondo cui i lavoratori anziani, considerati 'esperti', hanno avuto, sin da giovani, e hanno, attualmente, molte più possibilità di avere aumenti e di occupare posizioni apicali, a differenza dei lavoratori più piccoli d'età. "Oggi, i giovani lavoratori guadagnano il 40% in meno rispetto ai colleghi senior, raddoppiando la distanza degli anni '80. Dal 1985 al 2019, la probabilità che i giovani lavoratori raggiungano i vertici della distribuzione dei salari è diminuita del 34%, mentre quella dei lavoratori più anziani è aumentata del 16%", ha spiegato, in maniera chiara, Greco.

L'unico modo per risolvere la situazione

Anche l'aumento dell'età pensionabile ha reso difficile l'avanzamento di carriera. "In altri termini, lo spazio per le nuove generazioni è ancora occupato dalle vecchie. La probabilità che i giovani lavoratori ricoprano posizioni manageriali è diminuita di due terzi tra il 1985 e il 2019, mentre è aumentata dell'87% tra i lavoratori più anziani", ha aggiunto l'avvocato. Quest'ultimo ha spiegato che questa preoccupante situazione potrà essere risolta solo adottando politiche volte a ridurre la disuguaglianza tra le varie generazioni e a favorire l'ingresso delle nuove nel mercato del lavoro.

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