Vivere non è un gioco da ragazzi

Vivere non è un gioco da ragazzi, il vero motivo del suo successo: non c'entrano Bisio e Fresi

Vivere non è un gioco da ragazzi: ecco per quale motivo piace così tanto. Non c'entrano Claudio Bisio e Stefano Fresi... Ma nemmeno la stessa produzione di Mare Fuori!

Ieri sera è andato in onda un nuovo episodio della miniserie Vivere non è un gioco da ragazzi. La storia racconta di un ragazzo, Lele, alle prese con le difficoltà della vita dovute a una brutta scelta, quella di avere a che fare con la droga, pur di conquistare Serena, una ragazza di cui si innamora perdutamente. Dopo aver causato - involontariamente - la morte di un suo caro amico, il giovane si troverà con un fortissimo senso di colpa addosso.

Nel cast della fiction Rai, oltre ai ragazzi, ci sono due protagonisti d'eccezione tra gli adulti: il padre di Lele interpretato da Stefano Fresi (attore noto per essere nella trilogia di film Smetto quando voglio) e il commissario chiamato ad indagare sulla morte del giovane amico di Lele interpretato da Claudio Bisio (celebre per tantissime pellicole, tra le quali spicca indubbiamente Benvenuti al Sud). Di solito, entrambi gli attori sono abili nel vestire panni comici. Qui, invece, dimostrano tutta la loro potenza drammatica e riescono comunque molto bene. Ma non è per loro che la serie Vivere non è un gioco da ragazzi ha così successo. O meglio, non solo.

Vivere non è un gioco da ragazzi, perché ha così successo? Non c'entrano Bisio e Fresi, ma nemmeno la produzione di Mare Fuori

La fiction Rai Vivere non è un gioco da ragazzi è firmata dalla stessa produzione di una serie di successo: Mare Fuori. Proprio così, in effetti, è stata pubblicizzata dalla televisione di Stato per far sì che ottenesse un maggiore interesse. Proprio come il prodotto ambientato in un istituto penitenziario minorile, è stata diffusa integralmente su RaiPlay. Questo è uno dei motivi per i quali in termini di ascolti non riesce ad esplodere come altri show del primo polo italiano. Ma c'è dell'altro.

Pur non piacendo al cento per cento, come testimoniano alcuni commenti di Twitter, Vivere non è un gioco da ragazzi viene seguita per un motivo tanto reale, quanto 'banale', per certi versi. Infatti, qualcuno scrive: "Questa serie lascia perplessi, ma noi figli di mamma Rai siamo talmente in astinenza da fiction che muti continuiamo a guardarla".

Vivere non è un gioco da ragazzi
Vivere non è un gioco da ragazzi ha così successo per un motivo specifico: come la pensa il pubblico

Purtroppo è vero: da inizio aprile, salvo qualche eccezione costituita da Vivere non è un gioco da ragazzi o da Un Passo dal Cielo, la Rai si è 'spenta' dal punto di vista di nuove produzioni, preferendo trasmettere repliche di alcune serie di successo, da Imma Tataranni - Sostituto Procuratore a Il Commissario Montalbano. Così, il pubblico, pur di vedere qualcosa, si 'accontenta' anche di fiction non brillanti. Trattasi comunque di gusti personali, dal momento che a nostro avviso, invece, il prodotto andato in onda ieri sera merita più di un'occhiata veloce, indagando su profonde problematiche sociali.

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